Massimo Zanichelli ha lavorato per quindici anni alla guida dei vini dell’Espresso, è docente di cinema e ha realizzato diversi lavori cinematografici, di carattere documentaristico, anche sul mondo del vino. Sarà a Benevento giovedì prossimo, 5 luglio, alle 18.00 a Palazzo Paolo V, per intervenire alla presentazione (con degustazione di 7 vini rifermentati) del suo ultimo libro “Effervescenze, storie e interpreti di vini vivi” organizzata da Alessandro Marra, curatore del blog Stralci di Vite, cui interverranno anche Raffaello Annicchiarico, probabilmente il più ispirato produttore di vini naturali nel Sannio, Gianna De Lucia, enogastronoma, e Antonio Follo, sommelier AIS.
Abbiamo interrogato Zanichelli sulla sua attività e su alcuni aspetti controversi dell’attuale dibattito intorno al vino.
La sua attività, come attestano i suoi saggi, è poliedrica, riguardando vino e cinema. C’è un punto di contatto tra questi due mondi?
Cinema e vino sono esperienze nate in tempi diversi che ho continuato a coltivare parallelamente. Mi capita, tuttavia, anche di incrociarle con percorsi enocinematografici, come antologie di film che hanno a che fare con l’enogastronomia o con l’abbinamento tra film e vini di cui mi sono occupato in passato per conto di un cineclub. Cercavo abbinamenti tematici in rapporto al titolo, alla trama, allo stile dei film proposti, tenendo conto anche del colore e del gusto. Un mio progetto analogo riguarda l’arte, si chiama enoarte e prevede una sessione di esperienze sensoriali che incontrano abbinamenti tra pittura e vino con temi diversi.
Nel mondo dell’enogastronomia e del vino in particolare c’è la tendenza a raccontare molto: la storia, i vignaioli, le radici, il terroir. Ritiene che questa narrazione sia utile alla conoscenza del vino o che sia per lo più marketing?
Innanzitutto la differenza sta sempre nella qualità della scrittura. Lo storytelling può essere banale, mediatico, aziendale o può essere narrativa rigorosa e sostanziosa. La diversità si percepisce dallo spirito, dalla spontaneità, dalla vivacità del racconto.
Penso anche che, nella scrittura come nel vino, la differenza la facciano le persone, il loro modo di guardare e raccontare le cose, le loro esperienze, il loro gusto e anche la loro serietà.
Il filosofo inglese Roger Scruton sostiene che sia possibile viaggiare attraverso i calici, senza muoversi da casa, se si conosce la storia dei territori da cui un dato vino proviene. È d’accordo?
L’aspetto narrativo ci permette di raccontare molte delle cose interessanti che in un bicchiere non ci sono e che conosci perché indaghi la storia che c’è dietro quel bicchiere, la storia di un territorio, di un produttore, il cosiddetto contesto. Sono convinto, tuttavia, che per scrivere, oltre che per comprendere a fondo le storie del vino, sia fondamentale viaggiare.
Mi torna in mente a tal proposito una scena di Will Hunting, il film di Gus Van Sant, in cui Sean Maguire (Robin Williams), unico psicologo che riesce ad instaurare un rapporto utile con l’autistico Will Hunting (Matt Demon), gli spiega come, benché intelligentissimo e dotato di una memoria eccezionale, non abbia la minima idea di cosa parli e per essere incisivo dice: se vedessi la cappella Sistina tu probabilmente mi diresti tutto, gli anni che ha impiegato Michelangelo per dipingerla, i pennelli che ha usato, i colori, tutto quanto, ma non sapresti mai parlarmi dell’odore che hai sentito quella volta in cui non ci sei stato. Questo è il punto chiave, il nocciolo della questione, la conoscenza non può mancare di esperienza.
La tecnologia e la chimica sono sempre più considerate nemiche dei vini o supporti negativi. E’ proprio così secondo lei?
Non credo che nessuno possa prescindere da una tecnologia intesa come tecnica di precisione, nemmeno i vignaioli più naturali. L’abiura della tecnica a volte rende i vini difettosi e non propriamente espressivi. È chiaro che tutto dipende sempre dall’uso o abuso che se ne fa. Non può dirsi, a mio avviso, che la barrique e i solfiti siano il male. È chiaro che una chimica invasiva e quindi abusiva diventa negativa al pari di una tecnica che spoglia un vino perché, ad esempio, gli fa di tutto per mantenerlo limpido, immediato e fruibile, depauperandolo con filtrazioni molto violente. Del pari è negativo, però, un approccio integralista. furbesco, naturale o biodinamico, che poi produce dei vini che non sono del tutto sorvegliati.
In medio stat virtus, allora?
Sono convinto che i principi siano delle funzioni che portano a dei risultati. Penso al riguardo che, a partire da una uva, sana esito di un’agricoltura sostenibile e intelligente e da una trasformazione in cantina rispettosa ma lucida, il risultato ideale è di avere un che per un verso sia vino sano e per altro espressivo, portavoce di un vitigno e di un territorio, capace altresì di conquistare il palato, la mente, i sensi. Più questi due elementi – sanità e espressività – pendono da una parte o dall’altra, meno si riesce nell’intento di avere un vino piacevole. Per questo credo poco agli slogan, alle etichette, mentre credo molto alle esperienze e di conseguenza al risultato nel bicchiere.
Il suo viaggio nelle effervescenze non scende sotto la linea del PO eppure sarà sul Calore a presentare il Suo libro. C’è del buono nelle effervescenze anche a sud?
Il libro è scritto in un presente in cui il rifermentato sembra quasi tornato di moda ma non è una guida piuttosto è il risultato della scelta di dedicare un testo narrativo ai territori storicamente vocati a questa produzione. Territori in cui i rifermentati sono stati sempre prodotti e continuano ad essere prodotto in modo significativo. Si tratta di un’area indubbiamente padana, però storicamente è da lì che arrivano questi vini. Sono convinto, per altro, che per queste produzioni serva molto il freddo del nord che non il caldo del sud.
Per chiudere, ci dia di un abbinamento film / vino.
Psyco di Alfred Hitchcock è un film che ho molto amato, ha forgiato il mio immaginario e segnato l’inizio del mio amore per il cinema. È anche il film cui ho dedicato uno dei miei primi testi sul cinema: Psyco &Psyco, Genesi, analisi e filiazioni del thriller più famoso della storia del cinema
Se dovessi partire da lì, da questo film in bianco e nero a colpi di coltello cercherei di abbinare un vino tagliente, bianco, molto acido e molto contrastato come un Blanc de Morgex.
Masssimo Zanichelli sarà oggi a Benevnto, alle 18.00 a Palazzo Paolo V pr prsentare il suo libro “Effervescenze”