di Giancristiano Desiderio
L’unico governo politico che si può fare in questa legislatura è anche l’unico governo politico possibile che si potrà fare nella prossima legislatura: il governo della Lega e del M5S. Dunque, perché non farlo ora? Perché Matteo Salvini ha in mano più carte di quante non ne abbia il trio Casaleggio Grillo Di Maio. E perché tutti mirano, con questa legge elettorale di natura proporzionale, ad aumentare il consenso ai danni di Forza Italia e del Pd. Calcoli sbagliati? Vedremo.
Il leader della Lega, che di fatto è diventato un partito nazionalista, ha in mano una carta in più rispetto al M5S: la coalizione di centrodestra. Il primo obiettivo è quello di raggiungere il 40 per cento dei consensi per poter varare un esecutivo autonomo senza accordi o contratti con i grilli. Naturalmente, sarebbe un centrodestra diverso rispetto al passato: avrebbe una connotazione nazionalista che fino ad oggi lo schieramento non ha mai avuto. Ma per raggiungere questo obiettivo la coalizione di centrodestra dovrà crescere nel suo insieme e lo sfondamento leghista non dovrà essere soltanto la cannibalizzazione del partito di Berlusconi. Insomma, se ci sarà solo un travaso di voti non ci sarà la vittoria della coalizione e allora Salvini farà ciò che non ha avuto il coraggio di fare finora: mollare Berlusconi e abbracciare con il coltello dietro la schiena Luigi Di Maio.
Gli Associati, invece – ossia Casaleggio Grillo Di Maio che sono un movimento anti-politico estremista -, hanno in mano una sola carta: andare al governo con la Lega. Per raggiungere il 40 per cento dei consensi dovrebbero guadagnare la bellezza di ben 8 punti percentuali. Un’impresa che non sembra essere a portata di mano se si considera che il M5S ha già fatto il pieno di voti a sinistra e non può fare altrettanto a destra.
Tutta questa giostra di voti e partiti inconcludenti è niente rispetto alla inadeguatezza della classe politica che ha come chiodo fisso il convincimento che il buongoverno coincida con l’ulteriore ampliamento dei compiti dello Stato in materia economica, sociale, morale e tutto quanto fa demagogia. Non so se sia un contrappasso dantesco ma è indubbio che la cosiddetta Seconda repubblica avrebbe dovuto riformare Stato, welfare e lavoro e siccome le riforme non sono arrivate alla fine sono arrivati gli statalisti, i demagoghi e gli stupidi che ritengono che la soluzione sia l’adozione in pianta stabile e organica del problema.
Il leghismo e il grillismo hanno punti in comune e punti di divisione. La loro maggiore distanza è data dalla geografia: la Lega ha con sé tutto il Nord e il M5S tutto il Sud. Sembra quasi che il leghismo rappresenti la “questione settentrionale” e il grillismo la “questione meridionale”. Bisognerà mettere insieme ancora una volta i pezzi dell’Italia. Ma come sia possibile non si sa. Una volta la cosa si accomodava così: il Sud dava il consenso e in cambio riceveva assistenza sotto varie voci. I soldi per fare oggi queste politiche non ci sono. E l’antieuropeismo sia di Salvini sia degli Associati non aiuta nessuno.
Lo statalismo sta in piedi quando ci sono soldi da tramutare in redditi affidati alla distribuzione politica. Invece, quando i soldi non ci sono, lo statalismo sta in piedi schiacciando i singoli, le imprese, le libertà e avviando un’intera nazione sulla via della servitù volontaria e involontaria. E’ il destino di un popolo di camerieri.