di Giancristiano Desiderio
Il vicepresidente della provincia, Rubano – con il cognome che per sua fortuna ha l’accento che batte sulla seconda -, ha definito “capricciosi di successo” i dirigenti del Pd che – ha aggiunto – “definire dirigenti di partito sarebbe davvero troppo, il loro peso specifico è ben minore”. La definizione è bella ma non proprio calzante e me ne ha richiamato alla mente un’altra più bella e spietata e fulminante che non a caso è di Flaiano il quale dei perdenti di successo che non si capacitavano di dover sloggiare diceva: “L’insuccesso gli ha dato alla testa”.
La provincia oltre ad essere diventato un oggetto misterioso ben retribuito è anche il rifugio dei peccati dei perdenti che non si rassegnano all’insuccesso e con ingiustificata superbia pretendono di spiegare a chi li ha trombati come funzionano le trombe. Non mi intendo delle cose della politica beneventana, che è al di là della mia facoltà di giudizio, ma credo di aver intuito che il signor Rubano si sia stancato dei lorsignori del Pd che nonostante abbiano inanellato una sconfitta dopo l’altra conservano il comando e si preparano con sicurezza ad altre sconfitte di grande successo. Ormai la sconfitta nel Pd beneventano non è più una variabile ma una costante che può essere inserita anche nello statuto come legge fondamentale. Per molto tempo il Pd ha avuto l’onore di rispecchiarsi nella mia definizione di partito del potere inutile ma con il passare del tempo e la coerenza dell’inutilità a lungo andare l’inutile è diventato dannoso per i rappresentati e per i rappresentanti. Tanto che oggi, a proposito di leggi fondamentali, il Pd con i suoi perdenti di successo è la riprova del valore universale della terza legge fondamentale della stupidità umana che il geniale Carlo Maria Cipolla chiarì dicendo che il massimo della stupidità consiste nel causare danni agli altri e perdite per se stessi.
L’altro giorno Oliviero Diliberto, ex ministro della Giustizia nei governi D’Alema, ha rilasciato un’intervista in cui ha sintetizzato così il senso della sua esperienza politica: “La mia generazione ha fallito. Il suo unico dovere morale è scomparire”. La sua sincerità in parte lo riscatta. A Benevento i dirigenti del Pd hanno lo stesso dovere morale ma non lo sanno. Non lo sanno fino a quando qualcuno non glielo dice pubblicamente. Ecco perché la macchina democratica di Antonio Furno, sulla quale viaggia credo anche Nunzio Castaldi, deve dirigersi sul Pd e tralasciando per un pomeriggio o due l’ironia e la pratica dell’intelligenza deve adottare la fermezza della volontà per ottenere dai perdenti di successo l’adempimento del loro dovere morale. Perché in fondo vi è un pregiudizio che è bene far cadere: si tende a nascondere la sconfitta del Pd di Benevento dietro la catastrofe del Pd di Renzi. E’ un imbroglio evidente perché il Pd di Benevento è ricchissimo di sconfitte politiche, amministrative, culturali che hanno tutte la loro origine in loco. Morale della favola: fino a quando non vi sarà un rinnovamento di uomini e di generazioni il Pd non solo non avrà più alcuna speranza di vincere ma non recupererà neanche un briciolo di credibilità. La macchina democratica farebbe bene a non dimenticare la quarta legge enunciata da Cipolla.