di Giancristiano Desiderio
Il Mezzogiorno, con la vittoria del M5S, ha cambiato in un sol colpo la rappresentanza politica. Cambierà anche la rappresentazione che ha di sé? Lo scopriremo solo vivendo. Fin da ora, però, si può dire che il Sud non ha più alibi. Infatti, con questa sorta di democratica “azione diretta” che è stato il voto del 4 marzo, i meridionali hanno spazzato via ogni tipo di “mediatore” e senza affidarsi a santi e madonne hanno preso in mano il loro destino. La prima seria conseguenza della Terza repubblica, come è stata battezzata da Luigi Di Maio la nuova stagione politica, è la seguente: il risultato che il Sud conseguirà non sarà né merito né demerito del ceto politico, della classe dirigente, dei settentrionali, dei poteri forti, dell’Europa ma dei meridionali. La questione meridionale, diceva Norberto Bobbio, è ormai la questione dei meridionali e se è vero che con la vittoria del M5S la questione meridionale è nuovamente riemersa dalla storia nazionale, è altrettanto vero che lo stesso voto ha portato in prima linea gli unici e veri risolutori dell’infinita questione: i meridionali.
Non sono in grado di dire – e nessuno lo è – se il M5S ha vinto per la proposta del reddito di cittadinanza. Ciò che sono in grado di dire è che se il reddito di cittadinanza – del quale per ora si sa molto poco sia per i costi, sia per i beneficiari, sia per i tempi, insomma, per la effettiva realizzazione – è il modo in cui Di Maio immagina e pensa il Sud, allora, non vi è granché differenza con le politiche assistenziali della Democrazia cristiana e della democrazia consociativa della Prima repubblica, se non in peggio. Gli eletti del M5S tacciono su questo tema come su tutto il resto, come se avessero una sorta di consegna del silenzio, ma prima o poi dovranno pur parlare perché ormai sia la rappresentanza sia la rappresentazione del Mezzogiorno dipendono da loro e restare a bocca chiusa aspettando la voce del padrone non è edificante. I nuovi eletti che rappresentano e che sono il Sud pensano che il Mezzogiorno debba essere passivo o attivo, debba essere assistito o rigenerarsi con il lavoro? In questo dilemma, nel quale lo voglia o no il M5S già si trova, il ruolo dei nuovi eletti è decisivo non tanto per ciò che possono fare in concreto – molto poco se non addirittura nulla – ma per ciò che possono dire sul Mezzogiorno, se deve attendere e chiedere qualcosa o se deve attivarsi ed essere libero. La differenza non è poca e c’è una sola certezza: ne risponderanno direttamente loro, le stelle, i terzorepubblicani, i meridionali.
Il reddito di cittadinanza sembra un invito a sedersi, ad aspettare, a ricevere. In rete da tempo circola una frase di Milton Friedman che più o meno dice così: se paghi chi non lavora e tassi chi lavora non stupirti se aumenta la disoccupazione. Il rischio concreto è proprio questo: che il reddito di cittadinanza o di inclusione non aiuti a cercare un lavoro ma sia un incentivo alla poltroneria. Bisogna stare attenti: perché se il reddito di cittadinanza è un sostegno a chi non ce la fa, è un conto; se, invece, è una sorta di diritto che viene istituito per legge – come ormai troppi se ne istituiscono – allora le cose cambiano e molto. Perché, senza girare intorno alla cosa, il reddito è una politica di redistribuzione della ricchezza con cui si esce dalla produzione economica e si entra nel regno delle decisioni politiche. Il passaggio è delicato e ha un suo limite preciso: infatti, come diceva Giovanni Sartori e come dice da sempre il buon senso, se l’economia funziona siamo in grado distribuire pani e pesci ma se l’economia è ferma si distribuisce solo povertà. Se non c’è da mangiare si divide solo la fame.
Dunque, a tutti coloro che si improvvisano economisti, politici, keynesiani e si cimentano nella redistribuzione della ricchezza prodotta altrove è bene ricordare quanto dicevano non feroci liberisti ma addirittura Marx ed Engels: “Presupposto pratico assolutamente necessario: un grande incremento della produzione perché senza di esso si generalizzerebbe soltanto la miseria e quindi con il bisogno ricomincerebbe il conflitto per il necessario e ritornerebbe la vecchia merda”. Ecco, il consiglio non richiesto è proprio questo: attenti alla vecchia merda.