di Giancristiano Desiderio
Il partito democratico di Benevento è rimasto sotto la botta impressionato. C’è da capirlo, la botta è stata forte. Tuttavia, l’amarezza espressa da Umberto Del Basso De Caro e il suo stupore per il disastro che a suo dire non era annunciato vanno accolti con beneficio d’inventario. C’è da credergli? Con difficoltà. Il sottosegretario è dipinto sempre dalle anime belle come il potente cattivone ma tra le anime belle che sono buone a nulla e il diavolo che è capace di tutto ma anche di fare qualcosa di utile ho sempre avuto una simpatia innata per quest’ultimo che è (sottovoce) dipinto male per invidia e non per giudizio. Ma il suo limite è proprio qua: non si è accorto di essere a capo di un partito diventato terribilmente inutilmente potente. Il peccato originale di un politico consiste nella perdita del senso della realtà. Ecco perché non credo fino in fondo alla ostentazione della sua ingenuità che è, invece, l’altro volto della malizia. La sua scelta di correre come capolista nel proporzionale piuttosto che come apripista nel maggioritario è rivelatrice: con la tempesta in arrivo si è messo al sicuro. E’ un peccato. I capi di partito devo cadere sul campo e non fare i generali a cavallo nelle retrovie. A pagarne le conseguenze è stato il segretario provinciale del Pd, quel Carmine Valentino che ha sempre l’aria di voler dare ad intendere di aver capito tutto e invece non ha capito niente.
Il lettore mi perdoni e mi sopporti se ora son costretto ad una piccola autocitazione. Cinque anni fa, su queste pagine, in occasione del voto politico e dell’improvviso 25 per cento del M5S scrissi che io ero ormai un sopravvissuto perché appartenente non solo ad un’altra stagione ma anche ad un’altra cultura. Poco male, si dirà. Vero. Ma osservai anche che con me erano sopravvissuti tutti quelli che erano ancora in Parlamento e si muovevano, si agitavano, strologavano e facevano come quel tale che combatteva ma non sapeva di esser morto. Il Pd beneventano, a metà strada tra una ditta di onoranze funebri e una succursale dell’Anas, era ormai sopravvissuto a se stesso conservando i privilegi e le forme e le strafottenze di un potere inutile che ogni volta che perdeva conservava se stesso e ogni volta che discuteva ascoltava se stesso. Così dopo aver perso le comunali e non aver cambiato rotta, dopo aver perso il referendum e non aver cambiato rotta, il Pd ha perso i suoi elettori che, esausti per la crisi, non ne potevano più di vedere il partito trasformato in una sorta di macchina che produce carriere politiche o in un taxi ora romano e ora napoletano. Così quando il taxi è diventato il camper del sindaco di Sant’Agata dei Goti, gli elettori hanno preso direttamente la via del M5S pur non conoscendo – e proprio per questo – i suoi candidati.
La sconfitta tutto è tranne che casuale. Il segretario del Pd è stato bocciato non una ma due volte: la prima come candidato del Pd, la seconda come sindaco di Sant’Agata dei Goti. La sconfitta casalinga naturalmente vale doppio: a casa sua il sindaco non è riuscito a raccogliere neanche 3000 voti mentre in passato altri candidati sono andati ben al di là delle 4000 preferenze. Ma la sconfitta sua è la sconfitta di un’intera classe dirigente che è da molto tempo diventata un tubo digerente che, ormai, è indigesto alla stragrande maggioranza del paese che nel giro di dieci anni ha visto le tasse schizzare alle stelle e le casse comunali svuotarsi fino al dissesto. Se a questo scenario si aggiunge che nel primo comune del Sannio e in uno dei centri storici più belli d’Italia, qual è Sant’Agata dei Goti, i turisti sono scomparsi, l’ospedale è stato praticamente chiuso e circa il 75 per cento delle case del borgo antico è in vendita, si può capire che il fallimento dell’amministrazione del Pd è stato completo e lo slogan scelto dal candidato – l’esperienza di governo – è stato un autogol. Nonostante i disastri amministrativi, il sindaco ha fortemente voluto la candidatura certo di andare incontro al sol dell’avvenire mentre non si rendeva conto di lavorare con scrupolo al suo disastro personale ampiamente annunciato.
Cosa ne sarà ora del Pd di Benevento? E’ evidente che per cambiare pagina e lavorare ad una rigenerazione bisogna cambiare uomini. Davanti a sé il Pd ha due vie: lasciare tutto com’è e diventare stabilmente irrilevante o chiedere le dimissioni dei vertici, discutere pubblicamente della sconfitta e lavorare, lavorare, lavorare.
Complimenti sei sempre la voce critica e sincera del professionista non asservito potere sei un grande.