di Giancristiano Desiderio
Il caso di De Luca jr. e del video di Fanpage è molto istruttivo per tentare di capire in che mondo squinternato ci siamo condannati a campare (male). Il filmato, come è noto, vuole essere un’inchiesta giornalistica fatta con la partecipazione di un ex camorrista che recita la parte di agente provocatore e così propone affari e mazzette ai suoi interlocutori, ossia funzionari e politici, per vedere chi casca nel tranello. Il figlio del governatore della Campania – Roberto De Luca che si è dimesso da assessore al Bilancio al comune di Salerno – è citato nel video dal commercialista e intermediario Colletta (il nome sembra inventato ma è vero) a proposito delle percentuali su presunte mazzette che l’ex camorrista, nel ruolo di finto agente provocatore, avrebbe dovuto pagare per vincere gli appalti per lo smaltimento delle ecoballe. Ora, la questione quanto mai interessante e che – credo – ci dovrebbe veramente interessare è questa: il video di Fanpage che valore ha? E’ satira o giustizia?
La procura di Napoli, sulla scorta del video, ha aperto un procedimento e risultano indagati sia De Luca jr. sia il direttore di Fanpage e i suoi collaboratori. Per i magistrati, dunque, quel video ha un valore giudiziario e si tratta di capire e di chiarire quali siano le ipotesi di reato. Per i giornalisti e per il finto agente provocatore dovrebbe essere istigazione alla corruzione e per De Luca jr. dovrebbe essere una non meglio precisata disponibilità alla corruzione. Nella scena del delitto manca, naturalmente, il corpo del reato – la mazzetta – perché il fatto non è stato fatto ma è soltanto prospettato dalla sceneggiatura del video. La magistratura che ha assunto il video contemporaneamente come inchiesta giudiziaria, che essa stessa non ha fatto, nei confronti di De Luca jr., e come corpo del reato per Fanpage, dovrà chiarire le idee almeno a se stessa per capire come meglio procedere. Si vedranno gli sviluppi.
Per Fanpage, invece, il video cos’è: un’inchiesta giornalistica o una satira politica? Il direttore del giornale online, Francesco Piccinini, ha detto al Corriere della Sera che si tratta di un’inchiesta giornalistica in cui Nunzio Perrella – l’ex camorrista che fa l’agente provocatore – “è un pentito che le Procure hanno ritenuto affidabile e utilizzato per anni”. E siccome “si è sparsa la voce che era tornato a occuparsi di rifiuti e gli sono arrivate mille proposte, abbiamo pensato di mettergli una telecamera addosso”. E da qui è nata questa singolare inchiesta giornalistica che non si basa su fatti veri ma su fatti verosimili, non su fatti realmente accaduti ma – con questi stessi protagonisti – che forse sarebbero potuti accadere se la simulazione fosse andata avanti cessando di essere finzione per diventare realtà. Questa distinzione tra finzione e realtà è ciò che determina la qualità del video.
Quando il direttore di Fanpage dice che si tratta di un’inchiesta giornalistica intende dire che siamo dinanzi a fatti reali. Tuttavia, questi fatti reali – le immagini e i dialoghi dei filmati – hanno degli elementi falsi che fingono di essere veri: ossia l’agente provocatore e la sua disponibilità a delinquere. Ma questo meccanismo del falso che si fa passare per vero e del bene che finge di essere il male al fine di creare l’equivoco e di far apparire le manchevolezze e debolezze umane è tipico del teatro e della letteratura oratoria che fustigano i vizi, i peccati, i crimini degli uomini e dei tempi rappresentandoli, appunto, sulla scena teatrale e sulla pagina letteraria. A nessuno, però – si spera – viene in mente di assumere le opere teatrali o i romanzi come prove dei peccati e dei reati degli uomini e processarli e condannarli. Se lo si facesse non solo si commetterebbe un grave errore giudiziario ma anche un più grave errore critico giacché perderebbero valore proprio quella satira e quella verosimiglianza che per essere a volte più vere della verità mostrano il re nudo.
Come si vede ci troviamo davanti a due ordini concettuali e di realtà diversi che nel caso del video di Fanpage sono entrati in conflitto o in cortocircuito: la finzione e la realtà, la verosimiglianza e la verità, l’inganno teatrale e la morale. Nostro compito di esseri capaci di giudizio è di distinguere i diversi ordini concettuali al fine di non scambiarli di posto per evitare il male più grande che è quello di condannare gli uomini in nome di una verità sceneggiata al servizio del potere (giudiziario o politico o etico che sia). Purtroppo, viviamo da anni dentro questa tentazione illiberale e totalitaria, alimentata dal circo mediatico-giudiziario, di unire insieme in una sintesi diabolica la verità e il potere che invece per loro natura appartengono a due universi diversi della nostra condizione che ci dobbiamo sforzare di distinguere per salvare la decenza della nostra vita ormai decaduta in una dimensione grottesca in cui Tartufo vuole essere Molière.