Non ha mai avuto tanto senso un ristoro di quelli che evocano sterilmente le attività umane nella terra, l’agricoltura insomma, quanto lo ha invece la Sosteria Agricola della stazione ferroviaria Tiburtina, a Roma.
Negli spazi anodini, disadattanti e seriali, dove si è soli tra la folla e financo in libreria, tra le luci piatte, i libri schiacciati e scialbi, si erra senza senso, con una vaga nausea insinuante, in attesa di essere colpiti da un libro Godot che come Godot non arriverà, finendo per comprare qualcosa la cui lettura si esaurirà alla terza pagina, l’Associazione Alimenti Autentici di Qualità Superiore (3AQS) ha realizzato, con alcuni piccoli produttori laziali che hanno sposato l’idea, uno spazio di vita.
Le torte, i cornetti, i piatti di pasta, la carne, i formaggi, i salumi, i piatti vegani sono buoni, saporiti, sanno di autenticità. Il menù racconta di identità, chilometro zero, viaggiare veloce e mangiare piano. Parole consunte e svuotate da abuso e sopruso, che qui, però, recuperano significato e sapore. Alla Sosteria non si persegue la bellezza, si ostenta la franchezza, rivelata dal contesto: addetti non in divisa, tavoli di diversa foggia, vivi di legno consunto, squinternato, ripulito, sghembo, vitale. Al servizio, in luogo degli automi da bancone e di uomini-manichini che si muovono muti con gesti quasi violenti tra rumori di piatti e voci d’altoparlante, le signorine delicate della Sosteria Agricola servono senza attendere scontrino e propongono di accomodarsi, “la serviamo noi”. Accoglienza di volti sereni, aperti alla fiducia.
Covano relazioni umane nel piccolo spazio Farmers – 150 metri quadrati, un nonnulla nell’immensità del nonluogo Tiburtina – al mezzano della stazione, appartato in un angolo affacciato sulla folla automatica. I tavoli fuori il locale, sul piano di una sorta di piazza coperta, sono costantemente abitati da relazioni tra persone che interagiscono, sedute di fronte. In quel pezzo di stazione, sì, pure arrivano le voce degli altoparlanti ma non ci sono monitor con informazioni numeriche universali di treni e binari. Chi si ferma si isola dall’isolamento, ritrovandosi in una piccola comunità viva.
Si mangia, ovviamente, anche se Farmers è anche negozio in cui trovare pasta, caffè, miele e altre produzioni degli associati.
La gricia è saporita e abbondante, gli hamburger sempre buoni. Incredibilmente saporiti anche quelli vegani che, per mero dovere professionale, abbiamo provato.
La crostata di mele con crema pasticcera al limone è un po’ troppo aspra, il limone è molto più che un aroma, ma questo squilibrio, questa imperfezione rende la torta umana e sublime. Merito del piacere, invero, è anche di una pasta frolla perfetta e delle mele saporite.
Il ciambellone marmorizzato potrebbe essere quello che la nonna ha preparato con cura per il nipote.
Mentre sfrecciano i treni alla velocità delle formula uno, il tempo al tavolo di Farmers scorre lento, amabile.
Un progetto solido e coraggioso, più che altro una sfida che dà tangibilità, sostanza e sapore ad una ristorazione umana e contestualizzata in un territorio. Un pezzo Lazio e di cucina di casa nel bel mezzo di un’affollata terra desolata, un luogo fuori serie.
Farmers – Sosteria Agricola
Stazione Tiburtina, Livello +1
Roma