di Andrea Massaro
Da un po’ di tempo il pensiero dei cari amici scomparsi si è fatto più frequente. Forse perché in questi ultimi anni, tanti amici ci hanno lasciati – quasi sempre prematuramente e quasi sempre trovandosi a combattere contro un male terribile. Il cancro.
Questa breve orazione vuole trasformare la tristezza in nostalgia, la solitudine in ricordi, perché oggi così accade che la gente se ne va alla chetichella e chi si è visto s’è visto, senza aspettarci nulla, neppure di essere ricordati.
Quando si intraprende una lotta per combattere nel vortice dei duri fati umani un qualsiasi male, specialmente quelli che più castigano, non si riesce mai a stabilirne i confini e gli esiti finali. Puoi solo lottare, come in una micidiale corrida. E noi tutti familiari, amici, parenti, ci sentiamo degli spettatori gettati all’improvviso in mezzo all’arena e viviamo il duro combattimento che travolge le nostre vite, fino ad oscurare il nostro sole e smarrire il nostro giorno.
E là dove la parola muore ha fine il nostro cammino… Così ci restano i ricordi, che sollevano gli anni alle nostre spalle, nel cantare i nomi di tutti coloro che hanno il colore delle nubi e la luce delle mille e migliaia di stelle del cielo, ognuna con il proprio nome, insieme alla stella brillante con il nome di Peppe Fucci. Viva Peppe Fucci!
Ultimamente ci telefonavamo tutti i giorni, lui stava male e il suo male era uno di quelli tenaci, che non perdonano. Non so quanto ne fosse consapevole, ma mi diceva sempre, con una specie di distaccata rassegnazione: “E’ duro da sopportare! Ci vuole pazienza, molta pazienza!”.
Ha molto, molto pazientato… Poi un giorno sospese al cielo tutta l’armonia vitale della sua anima, “distendendosi in un’urna d’acqua e come una reliquia” ha trovato riparo dal magma del quotidiano di un Mondo arrivato al punto di sbranarti. E con la morte ultimo dovere ha voluto sdebitarsi e pagare lietamente il pedaggio di entrata lasciandoci questo grande mistero del dolore e della sofferenza: perché accettare il dolore veramente è una cosa eroica. Perché il dolore è veramente disumano, di una devastazione unica. Io in certe notti di dolore ho capito quelli che pensano perfino l’eutanasia, l’ho capito! Perché altro è parlare da esterni e dire “eh soffri… sopporta, coraggio, vedrai”. Tutte parole di speranza che sono certamente il balsamo dell’uomo. Tuttavia quando si è nel centro della sofferenza, cari miei, bisogna far silenzio e basta.
Ma esistono anche i mali a cui non sappiamo dare un nome che portano tanti dolori e sofferenze. In primo luogo la guerra, la violenza, la sopraffazione, l’orrore, che tornano sempre come vecchie cantilene, storie che appartengono ad altri e ci coinvolgono tutti. La guerra e i soprusi sono lì, ci sono sempre stati, si accettano con disgustata pazienza, come la morte, come la vecchiaia, come tutta la vita che spesso ci riserva atrocità disumane.
E in questa lotta tra il bene e il male, tra la vita e la morte, ci stiamo abituando alla morte e alle sofferenze degli altri…
Allora in questa spaventosa lotta dobbiamo quanto prima avere un risveglio nel trasmettere e consegnare direttamente come un passaparola, un po’ di quell’universo di “mondo migliore” a cui io sono legato e la cui sopravvivenza in ciascuno di noi mi sembra, nel mondo d’oggi, più che mai necessaria. Come qualcosa che viene trasmesso da una generazione all’altra al di fuori di qualsiasi insegnamento ufficiale, senza passare attraverso i libri, così da formare un bagaglio di comportamenti e di sapere “fuori testo”, come ci hanno insegnato i nostri vecchi padri contadini e spesso analfabeti; le regole a ”riordinare i nostri armadi”.
…Ma la morte, la vera morte, avviene quando muore anche il testimone che ci rammenta che Caino non ha ancora finito di uccidere Abele.
Concludo con una citazione di Honore’ de Balzac, tratta dal libro Louis Lambert: “La resurrezione avverrà per opera del vento del cielo che spazza i mondi: L’angelo portato dal vento non dirà: “Morti levatevi” ma “Si levino i viventi!”.