di Giancristiano Desiderio
La domanda di Erissimaco – chi è Amore? – è al centro del Simposio di Platone non meno che delle nostre vite contemporanee. Cambiando data e luogo – non il 416 a.C ma il 2017 d.C., non la casa di Agatone ad Atene ma una qualunque delle nostre, magari la mia, casa Desiderio, che il cognome è perfetto – il “tema amoroso” non si impoverisce e ci arricchisce. Il filosofo greco fornisce una molteplicità di risposte e il Simposio è una sorta di “enciclopedia dell’eros antico” sia che Eros sia un tiranno che governando tutte le facoltà dell’anima conduce i mortali tra feste, bagordi, banchetti, etere, ragazzi, sia che Eros sia un demone mediatore che muove il desiderio dell’amante verso la bellezza e la conoscenza: in ogni caso è il desiderio che caratterizza in modo vario e intenso la natura umana che sembra un labirinto. Ecco perché Roberto Luca, rigoroso studioso del pensiero antico, ha intitolato il suo ultimo libro Labirinti dell’Eros. Da Omero a Platone (Marsilio). Massimo Cacciari, che firma il saggio Intelletto d’Amore posto in coda al testo, nota che in fatto di amore e di sapienza dalla Grecia dobbiamo iniziare e in Grecia siamo ancora costretti a fare ritorno. Come Ulisse.
Lo scopo della filosofia è moralizzare eros. E’ un obiettivo allo stesso tempo possibile e impossibile e proprio per questa inquietudine dell’umano – “il nostro cuore è inquieto finché non riposa in Te”, dice Agostino – è “l’amor che move il sole e l’altre stelle”. Non fu forse l’amore a indurre Eva a “molestare” Adamo facendogli mordere la mela del peccato? Così prese avvio la Storia. La stessa storia greca ha origine dalla “molestia” di un rapimento d’amore: Elena, moglie di Menelao, re di Lacedemone ossia Sparta, è considerata la donna più bella del mondo e Paride, figlio di Priamo, re di Ilio ossia Troia, la rapisce scatenando così la guerra di Agamennone e degli Achei e l’ira funesta del pelide Achille. Ma Elena è sottratta a Menelao con la forza o con la seduzione? E’ rapita o scappa? Nel terzo libro dell’Iliade è Elena che si confida con Priamo: “Tuo figlio seguii, e lasciai la mia casa e quelli che conoscevo, e la mia bimba adorata e le amabili coetanee”. Roberto Luca, sulla base dello studio filologico del testo omerico, parla di “volontà partecipativa” di Elena la quale, però, non commette adulterio e potrà essere ancora la legittima sposa di Menelao.
Cosa diversa, invece, è l’unione adulterina tra Afrodite e Ares nell’Odissea con Efesto, il marito tradito, che, accecato dall’ira, grida: “Come la figlia di Zeus, Afrodite, me che son zoppo, disprezza sempre, e invece ama quell’odioso Ares, perché lui è bello”. Non deve ingannare la natura divina dei protagonisti perché il costume sessuale degli dèi è come quello dei mortali: Zeus, padre e re degli dèi, è il più grande “molestatore” di tutti i tempi e assume ogni forma, umana animale naturale, pur di realizzare i suoi desideri. Efesto sa molto bene di essere tradito e coglie i due amanti divini sul fatto e così chiede proprio a Zeus che sia sciolto il vincolo matrimoniale. Quello stesso vincolo che Penelope, che attende il ritorno di Ulisse che non arriva mai, conserva saldo non solo per il rispetto dovuto allo sposo ma anche perché quel legame matrimoniale implica la sovranità su Itaca. Non a caso quando Penelope decide che non è più tempo di fare e disfare la leggendaria tela, affida la scelta del pretendente alla sfida della gara del tiro con l’arco: la posta in gioco a quel punto sarà lei ma attraverso lei sarà ancor più la sovranità. La vita coniugale sembra essere l’ideale erotico dell’Odissea nelle parole che Ulisse rivolge a Nausicaa che lo avrebbe voluto per sempre: “Gli dèi ti concedano quanto in cuor tuo desideri, un marito e una casa e come compagna ti diano la concordia propizia: perché non c’è nulla che valga di più, che sia più possente di quando concordi nei loro pensieri abitino una casa un uomo e una donna”.
La mania amorosa è così intima alla natura umana che lo stesso filosofo che pur vuol superare l’amore o liberarsene in realtà non solo non può farlo ma per essere filosofo deve essere amante. Se il desiderio erotico può condurre alla follia chi asseconda la ricerca del piacere infinito, il filosofo, lungi dal neutralizzare il desiderio, non può fare altro che mettergli le ali e indirizzarlo verso il suo vero fine. Eros, dunque – dice Platone per bocca di Socrate che riferisce le parole di Diotima in un mirabile gioco di maschere -, è un grande demone: tutto ciò che è demoniaco sta a metà strada tra dio e mortale.