di Giancristiano Desiderio
Al novantaquattresimo minuto Benevento – Milan al Ciro Vigorito era già stata archiviata come la quindicesima partita persa di fila dai sanniti. Al novantaquattresimo minuto era la solita partita di sempre in cui il Benevento aveva giocato bene ma come sempre aveva perso infliggendo a se stesso le Forche caudine. Al novantaquattresimo Cataldi sulla trequarti sistemava stancamente il pallone per il calcio di punizione mentre i tifosi cominciavano a scendere le scale dello stadio per l’ennesima domenica di frustrazione. La storia tra il Benevento e quell’unico benedetto maledetto punto da conquistare in classifica è puro Amore disperato, come la canzone di Nada. Poi Cataldi fa uno due tre passi, calcia e mette la palla al centro e lì arriva un angelo caduto dal cielo, Alberto Brignoli, che ha lasciato alla loro solitudine i pali della sua porta e vola, vola, vola, colpisce la palla di testa ad occhi chiusi e in un secondo di pura sospensione di tutto e tutti Donnarumma non può fare altro che accompagnare con gli increduli occhi la palla che gira e spiove nell’angolo basso alla sua sinistra. Al novantacinquesimo minuto è un’altra storia. Lo stadio è un anello di Gioia che si allarga in centri concentrici a tutta la città che brucia di gioia e redime se stessa con umanissime lacrime. Che storia questa storia, ma bisogna pur raccontarla.
Lo hanno definito eroe ma Alberto, che correva in bicicletta e amava Pantani e scese dalla bici quando il Pirata fu accusato di usare il doping, non ne vuol sapere di eroismi e pensa solo “alla nostra gente che sta vivendo un sogno, ma lo avrebbe voluto migliore”. Ma nessuno poteva immaginare che il sogno diventato incubo sarebbe stato così intenso e glorioso, forse insieme tragico e comico, insomma, umano umanissimo con lacrime felici e il Benevento sarebbe passato in un secondo dall’Inferno al Paradiso con il gol al novantacinquesimo del suo portiere in volo da una porta all’altra. Che storia questa storia, ma bisogna pur raccontarla.
Subito nelle redazioni hanno messo mano agli archivi, hanno scartabellato nella memoria di Google e sono piovuti i raffronti. Prima del volo di Brignoli ci sono stati Sentimenti IV che segnò su rigore, Rigamonti anche lui su rigore, Rampulla che andò a segno su azione e così Taibi. Ma i confronti non reggono. Non reggono perché il volo-gol di Brignoli è una storia nella storia. Non è solo il gol del portiere “caduto alla difesa” di Saba che ha sovvertito tutti i ruoli, che non para ma segna, ma è anche il gol dell’ultimo difensore – l’estremo – che la mette dentro in modo divino all’ultimo secondo di quella che una volta si sarebbe chiamata “zona Cesarini” e che ora è l’attimo fuggente e propizio – il kairòs – di Brignoli. “Il gol del portiere – ha detto proprio Taibi – è una sensazione indescrivibile. Diventi matto”. Alberto Brignoli, di verde vestito, si è alzato dal volo d’angelo ed è freneticamente impazzito ma con lui, come in un corpo mistico, sono impazziti tutti, allo stadio, in strada, nei bar, nelle case si sono abbracciati commossi: “Pochi momenti come questo belli/ a quanti l’odio consuma e l’amore/ è dato, sotto il cielo, di vedere”. Che storia questa storia, ma bisogna pur raccontarla.
tratto dal Corriere del Mezzogiorno del 6 dicembre 2017