di Giancristiano Desiderio
La favola del Benevento è diventata leggenda e la leggenda è una storia incredibile che fa le capriole e vola come Brignoli che al novantacinquesimo colpisce il pallone di testa al centro esatto dell’area di rigore del Milan e mette la palla nell’angolo basso alla sinistra di Donnarumma dove non può arrivare neanche il Diavolo. Ci siamo intestarditi a trovare una spiegazione ad ogni costo per capire come fosse possibile perdere una dopo l’altra quattordici partite di fila e ogni volta scendere sempre un gradino in più per ritrovarsi all’Inferno. Poi succede quel che è successo e capisci tutto all’improvviso come per folgorazione: il Benevento conquista il suo primo punto in serie A esattamente allo stesso modo in cui ha perso il maggior numero di partite: all’ultimo secondo dell’ultimo minuto di recupero. Alberto Brignoli, classe 1991, ha abbandonato i suoi tristi e solitari pali e in una partita in cui il Benevento meritava perfino di vincere, è salito in cielo andando incontro alla Gloria per fare finalmente ciò che i suoi compagni di squadra, forse davvero stregati e irretiti dalla loro stessa sfiducia, non riuscivano a fare perché non ci credevano fino all’ultimo: metterla dentro.
Tutto doveva accadere perché la favola si compisse. Tutto doveva accadere perché l’incubo si trasformasse in leggenda. Tutto doveva accadere perché sconfitta dopo sconfitta si arrivasse direttamente nella storia del calcio. Il Benevento lo ha fatto. E’ nella storia del calcio. Qualcuno di noi poteva immaginare un modo più sofferto e un modo più bello per conquistare il primo punto in serie A? Alberto Brignoli potrà fare nella sua carriera di calciatore delle cose grandi e belle – e glielo auguriamo con la testa e con il petto con tutto noi stessi – che vinca pure campionati e coppe ma nessun altro evento gli darà mai questa gioia pura, umanissima e quasi divina, fatta di lacrime e intensità, sorrisi e pianti, che ha provato in questo felice pomeriggio in cui ha portato in Paradiso le streghe e i diavoli e una città intera che o sa tutto di calcio o che non sa nulla di calcio gioisce e avverte come un bambino lo stupore di stare al mondo.
Il Benevento gioca un calcio platonico e oggi tutti lo devono aver capito a pelle. Prendete i calcoli, i numeri, le tabelle di marcia, i raffronti e le statistiche e buttatele dalla finestra. Il Benevento non gioca per vincere e non gioca per salvarsi. Il Benevento gioca per giocare e chi gioca per giocare non deve salvarsi perché è già salvo. Oggi è un giorno di redenzione. Il Benevento è già salvo e non lo sapeva. Oggi lo sa. Brignoli con quel suo volo dell’angelo figlio della Grazia lo ha detto a tutti. E cosa resta quando giochi per giocare senza aver l’obbligo di salvarti? L’epica.
Tutti coloro che fino ad oggi hanno affrontato il Benevento lo hanno fatto come si fa una passeggiata in paese. Non sarà più così. Ora per il Benevento ogni partita sarà un’impresa nel senso che in ogni partita ci sarà un’impresa da realizzare perché a questo mondo c’è sempre qualcosa di buono da fare per chi vuole farlo. Vi erano stati anche dei presagi divini ma non li avevamo capiti. Il più nitido? La punizione di Ciciretti a Torino contro la Juventus. Una parabola perfetta che agli juventini ha ricordato il miglior Platini o la punizione diabolica di Maradona tirata dall’interno dell’area di rigore, come un rigore con la barriera. Anche lui, Ciciretti, potrà fare ciò che vorrà nella vita calcistica, ma quella punizione resterà come la sua eterna giovinezza che anche quando sarà fuggita via come gli dèi ancora verrà a fargli visita la notte, proprio come gli dèi.
Il Benevento è la squadra di Platone (e di Brignoli) o, meglio, è la squadra di Brignoli (e di Platone). E’ la squadra che non deve salvarsi perché è già salva e con la sua storia prima umana e poi calcistica, con la sua epica sta salvando un campionato dalla sua – diciamolo pure – mediocrità.
Il capocannoniere del Benevento: Brignoli. Bellissime riflessioni.