di Giancristiano Desiderio
Pasquale Viespoli è ritornato. Un destino inclemente lo aveva escluso dalla scena politica ma lui, fedele al nome, è rinato. Perché in fondo Viespoli è sempre stato un esule in patria che ha dato il meglio di sé attraversando il deserto. Lo ha fatto anche in questa ultima e arida stagione politica e ora che il vento è cambiato – perché è il vento a fare la storia – e ora che dal deserto sta uscendo proprio mentre altri vi stanno entrando, ecco che è pronto a giocare un’altra volta la sua partita. Come? Nell’unico modo che conosce: con le idee. Con malcelato compiacimento ha sempre detto di appartenere alla cultura dei vinti piuttosto che alla boria dei vincitori e dopo questa seconda attraversata del deserto della sua vita che, forse, mai avrebbe immaginato di rifare, proverà magari a dire, con una di quelle capriole tipiche dell’ironia della storia, quanto disse il vecchio Einaudi riprendendo a scrivere sul Corriere della Sera nell’agosto del 1943: Heri dicebamus. Alle prossime elezioni politiche Viespoli ci sarà alla sua maniera: senza trasformismi e senza scorciatoie indicando al Sannio una via nazionale. Il mattatore è tornato.
Al congresso provinciale di Fratelli d’Italia-An il mattatore ha preso di petto Nunzia De Girolamo e, senza temere accuse di molestie, ha detto tre cose: i candidati della destra sono scelti da Giorgia Meloni, avere consenso non significa spostare pezzi di elettorato imbarcando personale politico di centrosinistra, il nuovo non è figlio dell’anagrafe ma della politica capace di rappresentanza e rappresentazione. La linea è tracciata e il campo sul quale Pasquale Viespoli accetta il confronto è quello della ragione esercitata in pubblico. Un terreno di gioco che gli è particolarmente congeniale, soprattutto in questo momento di rinascita politica perché si trova nelle migliori condizioni di lotta: tranne l’onore, non ha nulla da perdere.
Non so come sarà nella primavera prossima ventura il “quadro politico”, come dicevano un tempo i notisti politici dando l’impressione di dir molto senza dire niente. Non mi intendo neanche di leggi elettorali perché appartengo a quella strana categoria di persone che pensano che esistano solo due sistemi elettorali: proporzionale e maggioritario. Non so, dunque, come dovranno essere le alleanze e se l’araba fenice del centrodestra metterà insieme tutto cioè anche il suo contrario. So solo una cosa: anche nel guazzabuglio generale Viespoli terrà ferma la linea di un’intesa con la Lega perché paradossalmente proprio il leghismo gli offre il destro di pensare lo straccio di una comunità nazionale o uno Stato nazionale intero in cui il Mezzogiorno non sia piagnone e rivendicativo ma attivo e propositivo. La battuta caustica su Umberto Del Basso De Caro, che sembra uscita da un pezzo di Longanesi – “somiglia sempre più a un alto funzionario dell’Anas” -, va vista non solo come un vezzo del mattatore che non sa resistere al gusto della battuta piaciuta allo stesso sottosegretario, ma soprattutto come la consapevolezza che ha dell’assenza di rappresentazione del Sud da parte di una sinistra che si prepara a perderne la rappresentanza.
complimenti per lo scritto, efficace ed originale