di Guido Bianchini
Se persino un prudente e poco retorico De Zerbi nelle chiacchiere della vigilia sembrava già proiettato alla sfida interna col Sassuolo allora è facile immaginare lo spirito cui tutto l’ambiente giallorosso, dopo tante sonore batoste, si è avvicinato al testacoda contro la Juve. L’esodo di massa faceva pensare più ad una gita turistica alla volta di Torino che ad un confronto possibile, da cui al massimo ci si attendeva di evitare il solito cappotto, nonostante sia il momento del cambio di stagione. Il calcio però non è matematica. C’è una componente di imprevedibilità, per cui nessuna partita ha un destino segnato. Il Benevento sceso in campo allo Stadium si è infatti tolto di dosso ogni fatalismo, ha tentato di giocarsela con l’unica arma possibile: la sfrontatezza di chi non ha nulla da perdere e tutto da guadagnare. Se i limiti sono sempre gli stessi c’è un fattore decisivo che può fare la differenza: la grinta, la cattiveria e il mestiere che si impara in anni e anni di serie inferiori e che anche in quelle superiori può essere una risorsa. La Juve, reduce da un momento europeo non esaltante, è scesa in campo convinta di far passerella, per cui un gioco duro tignoso, al limite delle barricate fa perdere la lucidità persino ai grandi campioni. Se il gap tecnico si colma difficilmente, almeno si può indispettire l’avversario rendendogli la vita complicata con tutti quei trucchetti da mestieranti di Lega Pro che per anni hanno caratterizzato le nostre domeniche e forse meritano di essere esportati senza vergogna e timore in serie A. Un Benevento non all’altezza di un combattimento ad armi pari, ma che può cercare di dare battaglia con i propri pur limitati mezzi, se dalla nobile guerra inizia a votarsi alla meno altisonante, ma pur sempre efficace guerriglia. Il primo tempo allo Stadium è da incorniciare non tanto per il risultato difficile da portare in porto, ma per le modalità in cui è maturato. Nessuno chiede alla squadra di De Zerbi il bel gioco, il colpo di fino perché è evidente che nel complesso non sa e non può farlo e in ogni caso servirebbe a poco. Per togliersi dallo stallo in classifica e ridare dignità a questa stagione basta ripetere la prestazione di oggi. Basta metterci grinta e rabbia, sudare su ogni pallone a darsi alla guerra di logoramento, trasformando la nostra metà campo in trincea e l’area di rigore in un fortino contro cui anche i più tecnicamente dotati rischiano di andare a sbattere innervosendosi. Solo in tal modo possiamo restare in partita e smettere i panni della terra di conquista. Niente di pregiato e articolato, solo gesti semplici, quasi scolastici, utili a mantenere il risultato in bilico nella speranza che i pochi elementi di categoria possano tirare un coniglio dal cilindro, come il tiro fatato di Ciciretti che ha impietrito uno stadio intero.
La ripresa ha mostrato che ciò può non bastare, ma almeno costringe anche avversari di tutt’altro livello a tirare fuori il meglio del repertorio e a non affrontarti con aria di sufficienza e ripaga i tifosi del supporto incessante. In fondo se si è stati in grado di perdere con onore in casa della Vecchia Signora, nulla vieta di credere che quest’atteggiamento guerrigliero possa portare frutti migliori con avversari più modesti. È difficile dire se la salvezza sia ancora possibile (molto dipenderà dal passo altrui e dal rimescolo di carte nel mercato di riparazione), ma si spera che il Benevento e i suoi tifosi tornino da Torino con la certezza di poter salvare se non la categoria, almeno la dignità calcistica del Sannio.