di Giancristiano Desiderio
Il testo più documentato, più informato, più scrupolosamente dettagliato sul brigantaggio post-unitario nel Sannio lo ha scritto Ugo Simeone. S’intitola Il Brigantaggio nel Beneventano dopo l’Unità d’Italia, è composto da due volumi e ora l’editore Natan di Benevento ha pubblicato il primo. Il grande pubblico non conosce Ugo Simeone, ma la colpa è del grande pubblico. Anche io non lo conoscevo. Poi, come accade in queste cose, un po’ per caso e un po’ per necessità, mi sono imbattuto in una sua lettera sui fatti allo stesso tempo noti e ignoti di Pontelandolfo e Casalduni inviata alla rivista Storia in Rete del mio amico Fabio Andriola che mi colpì per la serietà, il rigore, la concretezza, la signorilità e così mi misi sulle sue tracce. In poco tempo ho recuperato i suoi libri e li ho divorati. Ho letto e studiato la biografia che Ugo Simeone ha dedicato alla figura di Achille Jacobelli – sì, proprio quel Jacobelli che Carlo Alianello sulla scia di Giacinto de’ Sivo definisce “tristo Jacobelli” e che Luisa Sangiulo rappresenta come “il cavaliere di tutte le bandiere”, insomma, il classico gattopardo buono per tutte le stagioni – e vi ho trovato le risposte alle domande che mi ponevo ma alle quali non riuscivo a dare una risposta certa e documentata. Possibile – mi chiedevo – che questo signore sia davvero così diabolico come viene dipinto? Possibile che abbia lui, proprio lui e solo lui, tutte le colpe che gli vengono rivolte e vomitate addosso? Possibile che su di lui tutti, ma proprio tutti siano così d’accordo e i cani e i gatti, i filo-borbonici ed i liberali, che si odiano e si azzuffano, improvvisamente su Achille Jacobelli vanno d’amore e d’accordo fino a fare una vera Santa Alleanza? Ciò che non mi quadrava era il ricorso ad Achille Jacobelli come ad una sorta di deus ex machina o come una tessera mancante che una volta saltata fuori fa quadrare tutto come l’uso della bacchetta magica del prestigiatore. Perché di cosa è accusato Jacobelli – il “tristo Jacobelli” – nientemeno che al cospetto della Storia? Di un piano davvero diabolico: prima è colui che aizza i contadini contro i soldati del tenente Bracci che saranno massacrati a Casalduni l’11 agosto 1861 e poi è sempre lui che scrive un rapporto al generale Cialdini denunciando l’accaduto e chiedendo il subitaneo intervento dell’esercito – i Piemontesi – per fare giustizia e spazzar via Pontelandolfo e il suo covo di briganti. Davvero qualche cosa di luciferino: Jacobelli per la storiografia sarebbe nientemeno che il regista della strage dei soldati e della rappresaglia su Casalduni e Pontelandolfo. Si dà il caso, però, che questa sia una storia falsa. Proprio così: falsa. Perché il cavaliere Jacobelli in quei giorni era a Napoli e non scrisse mai alcun rapporto al generale Cialdini. Ugo Simeone, che è di San Lupo, nella biografia Achille Jacobelli – Il Cavaliere, documenta – attenzione: documenta e lo sottolineo perché viviamo tempi in cui si fa storia (falsa) senza documenti – la estraneità di questo ricco possidente al disegno maligno che gli viene attribuito e cucito addosso e restituisce ad Achille Jacobelli la dignità che gli spetta e finanche la sua innocenza. Togliendo questa tessera magica dall’armonia prestabilita che una storiografia facilona ha disegnato per Casalduni e Pontelandolfo cosa accade? Beh, accade che la logica del capro espiatorio va a farsi benedire e che chi vuole fare della buona storiografia deve faticare.
Infatti, Il Brigantaggio nel Beneventano dopo l’Unità d’Italia è frutto di un lavoro serio fatto con metodo e con una ricca documentazione che ho potuto vedere personalmente. Ugo Simeone ha oggi, probabilmente, il più ricco archivio privato riguardante la storia del Sannio Beneventano. La sua ultima opera – il prossimo anno è prevista l’uscita del secondo volume – è destinata a diventare semplicemente il testo di riferimento per la conoscenza del brigantaggio nel Sannio. Fino ad oggi questa funzione era svolta dal libro della Sangiulo Il brigantaggio nella provincia di Benevento ma ora il testo di Simeone con la sua ricchissima documentazione e la sua ottima metodologia storiografica ne prende con sicurezza il posto. Gli studi storici, del resto, quando sono seri sono fatti così: sono una collaborazione tra teste e testi che mette capo a opere che si rivolgono agli uomini di buona volontà e alimentano la coscienza civile di una comunità.
Questo primo volume sul brigantaggio post-unitario riguarda le zone del Matese e del Taburno, mentre il secondo testo riguarderà il Fortore, i comuni intorno Benevento e la Valle Caudina. Nel primo libro un ampio capitolo è dedicato anche alla ricostruzione dei fatti di Casalduni e Pontelandolfo e alla calda estate 1861 di fuoco e sangue dell’Alto Sannio. La ricostruzione storica di Ugo Simeone, sempre documentata, capovolge molti luoghi comuni, non ultimo il modo stesso in cui i soldati del Maggiore Melegari e i soldati del colonnello Negri entrarono nei due paesi e li incendiarono: i primi all’alba a Casalduni, i secondi al mattino a Pontelandolfo. L’autore mostra come la banda di Cosimo Giordano fosse a conoscenza dell’arrivo dei soldati, tanto che preparò un agguato svuotando Casalduni lasciandola alle fiamme perché indifendibile per la sua ubicazione e aspettando i soldati di Melegari a Pontelandolfo per prenderli di sorpresa alle spalle e stringerli in una morsa letale come avvenne, in sostanza, con i poveri soldati del tenente Bracci che entrò a Pontelandolfo – pensa un po’! – con una bandiera bianca in segno di pace. Ma il piano elementare eppur efficace di Cosimo Giordano, Angelo Pica e Filippo Tomaselli saltò in aria per un’improvvisazione della storia: ossia l’arrivo non da Casalduni ma dalla via di Benevento dei bersaglieri e fanti del colonnello Negri che aveva ricevuto con un ritardo di ben tre giorni l’ordine del generale Cialdini di intervenire su Pontelandolfo. I briganti, insomma, che volevano colpire di sorpresa furono a loro volta presi di sorpresa. Il generale Cialdini, infatti, aveva dato ordine di recarsi a Pontelandolfo il 10 agosto, dunque prima della strage dei soldati. Come si può capire è tutta un’altra storia e Ugo Simeone, senza tralasciare neanche la vexata quaestio del numero dei morti, la racconta in modo serio, documentato, composto donandoci un testo di storia locale del quale andare fieri giacché mostra il lato d’ombra della storia nazionale.
Innanzi tutto credo che sia Simeone che quanto sopra letto e scritto,anche se riferito ad una singola persona coinvolta in tante morti, abbia una sorta di una falsa giustificazione per quanto di tragico ed orrendo è accaduto in quei giorni nelle due località. Non si è mai fatto riferimento,per esempio ad un altro fatto singolo nella generalità della tragedia, alla ragazzina sedicenne Concetta Biondi che ha dovuto sopportare la vista dello stupro di sua madre, il suo fino alla morte e al padre e marito che ha dovuto assistere perchè costretto dai bersaglieri, all’orrore,immaginate un pò, dello stupro sia della moglie che della figlia per poi essere a sua volta ammazzato. E’ un genocidio quello commesso dai piemontesi, voluto affinchè,in nome di una unità mai realizzata e non esistente adesso ma solo perchè servivano i 463 milioni in lingotti d’oro del Regno delle due Sicilie…e , non solo quelli..!.
E’ stata una pulizia etnica voluta e pianificata per cancellare l’anima di un popolo sottomettendolo con il sangue. Non esisteno altre giustificazione,. altre storielle…!Allora, per quanto si voglia essere così precisi e dettagliati lo si faccia fino in fondo non tralasciando verià importanti che se non evidenziate causano ancora divisioni e non unità. Saluti.