di Guido Bianchini
Quanto esternato nel tentare di commentare con un briciolo di equilibrio le due pesanti sconfitte contro Napoli e Roma, la famosa arte di misurarsi la palla, prevedeva a non solo la capacità di capire quelli fossero i limiti di una matricola finita in paradiso all’improvviso, ma anche quali fossero le gare fattibili, gli avversari alla nostra portata in un ipotetico girone della morte a 4/5 squadre per evitare la retrocessione. La gara dello Scida contro il Crotone, già carica di storiche voglie di riscatto dopo lo scippo di una B, finito nella cronaca giudiziaria e oggetto di inchieste, è stata il primo spartiacque di una stagione giunta alla sesta giornata, ma mai iniziata per una Strega ancora al palo. Come da prassi la corsa alle attenuanti è stata forsennata e fattori come la sfortuna e il divario tecnico sono stati i più ripetuti di queste settimane. Il primo serve a lavare ogni colpa, senza interrogarsi sulle ragioni reali di un avvio così negativo, il secondo è un fattore da mettere in conto già all’uscita dei calendari con le opportune misurazioni sferiche. Queste attenuanti non possono più reggere dopo Crotone. Il primo tempo, fino al gol dei calabresi, ha mostrato un festival della mediocrità calcistica, da stentare a credere che si trattasse di un match da massima serie. Per quanto possa bruciare, le parole di De Laurentis (uno che ha portato il Napoli dalla C all’Europa), su una A a ribasso perché troppo allargata, sono sembrate inverarsi in 40 minuti di fatica ad imbastire azioni degne di nota da una parte e dall’altra, in tiri sbilenchi, mancanza di idee e conclusioni a dir poco velleitarie. La classica partita da chiudere sullo 0-0 al riposo in attesa che ne nasca un qualcosa di degno. Quel qualcosa l’ha tirato fuori Mandragora, ma in fin dei conti si è trattato di un episodio figlio delle paure dei giallorossi, capaci di approcci volenterosi, ma confusionari, se non addirittura inconcludenti, complice un attacco a dir poco abulico. Elementi che non sono venuti meno nella ripresa, perché se è vero che il 2-0 ci ha costretti ad una reazione, agli assalti alla disperata, in cui si sono palesati tutti i limiti di un Crotone meritatamente in bassa classifica, la foga di dover raddrizzare una partita ormai in salita e già cosi decisiva per il nostro campionato ha peggiorato le cose. Poco senso avrebbe anche focalizzare l’attenzione sul rigore fallito da Viola, perchè, visto l’andazzo, persino un eventuale 2-1 non avrebbe cambiato il senso di rincorsa poco lucida dell’intera gara. Magari sarebbe servito soltanto a trovare nuove attenuanti, utili a nascondere una palese inadeguatezza persino con avversari teoricamente di pari livello (evidentemente con qualcosa in più nelle individualità degli elementi di categoria). L’altra attenuante, già bella e pronta, sicuramente rispolverata nelle prossime ore, potrebbero essere gli infortuni ad uomini chiave della rosa, ma senza voler tirare in ballo lo staff sanitario (che avrà già il suo bel da fare per rendere conto della tegola Lucioni), bisogna tenere in conto anche questo perché gli infortuni lievi o gravi fanno parte del gioco e le rose vanno costruite nell’insieme con alternative degne, senza gettare la croce su chi, pur essendo in grado di fare la differenza, non è certo indistruttibile.
Se qualcosa è possibile salvare anche dalla sesta sconfitta di fila, oltre allo stoicismo dei tifosi al seguito instancabili sostenitori soprattutto nelle difficoltà e unici a rendere onore ai nostri colori, è la fine di ogni attenuante perché l’entusiasmo del doppio salto di categoria, non può portarci a giustificare tutto, persino un campionato che da sofferente rischia di diventare umiliante non per chi affolla il Vigorito per ammirare i campioni della A, ma per chi come fede calcistica ha sempre e solo la Strega e non merita di subire in A le stesse beffe della C. Se è vero che in classifica i punti sono zero, dopo Crotone anche le chiacchiere stanno a zero e il punto fermo da tener presente ai pani alti di Via Santa Colomba non è tanto e non più salvare la categoria (perché a parere di chi scrive la B è un abito più che consono alla nostra realtà di provincia), ma preservare la dignità dello zoccolo duro di una piazza e di una tifoseria da sempre innamorata della Strega, a prescindere dalla categoria e dai deliri d’onnipotenza di chi ne governa le sorti.