di Giancristiano Desiderio
Sul risultato di Napoli – Benevento non c’è nessun commento da fare se non quello immortale di Vujadin Boskov: “Meglio perdere una partita 6 a 0 che sei partite 1 a 0”. Il problema del Benevento non è quello di averne prese sei ma quello di non prenderne una oltre il novantesimo. Sangue e arena, lo si sapeva. Il Benevento si salverà, se si salverà, con i pareggi 0 a 0, con le vittorie di misura, con gli scontri diretti e non perché al San Paolo avrebbe potuto perdere con un punteggio calcistico anziché tennistico. Se il Brasile con la Germania ne prese 7 – dico 7! – il Benevento da cenerentola della serie A ne può prendere 6 dal Napoli senza abbattersi. L’importante è sapere cosa si è e cosa si vuole.
Il rapporto tra il Benevento e Benevento non è in discussione. La città in serie A sembra un titolo di Bruce Chatwin: Che ci faccio qui? La squadra passando in un anno dalla C alla A ha fatto non uno ma due miracoli e i beneventani, quelli in curva e quelli in tribuna, gli storici e i geografici, non hanno proprio nulla da recriminare e l’unica cosa sensata che si può fare è accompagnare la squadra in un’avventura inedita per tutti. Dopo quattro partite si è ancora a 0 punti e forse manca un punto. In queste storie un punto può fare la differenza e Baroni, che ha portato la squadra in serie A con gli spareggi, lo sa bene. Allora, la frase di Boskov va presa molto ma molto sul serio: non si può arrivare al settimo incontro senza ancora un punto. Le prossime due partite saranno fondamentali, soprattutto perché ci sarà lo scontro diretto con il Crotone che vale doppio.
Il nemico numero 1 del Benevento è l’avvilimento. Mai disperare. Anche perché davvero non ce n’è motivo: in un solo punto ci sono cinque squadre (il Genoa ha una partita in meno) e il Bologna, la Spal, il Chievo non sono sulla luna. Tutto è ancora in gioco. Ma bisogna far propria la lezione di Boskov che, come diceva Brera, non ha mai fatto la figura del ciolla.
Mi dicono che il Benevento scenda in campo con un 4 – 4 – 2 e per giunta con i terzini che si sovrappongono. Insomma, il Benevento scende in campo per giocare e per ora, fatta eccezione per la partita con il Napoli, ha anche giocato fino al punto da non meritare di essere la maglia nera del campionato (si tenga presente che in Italia il merito non te lo riconosce nessuno, figurarsi se te lo riconosce una classifica). Ma oltre a giocare e far giocare bisogna far punti e allora al di là di schemi e moduli è necessario essere camaleonti o gattopardi e adeguarsi alla squadra del momento. Ancora Boskov: “La mia grossa preoccupazione è prendere un gol meno dell’avversario”. Ma l’aforisma dell’allenatore della Sampdoria, con la quale vinse lo scudetto nella stagione 1990-91, può essere migliorato sempre all’insegna di Lapalisse: primo, non prenderle. Perché il Benevento non si salverà senza fatica, senza sudore, senza fortuna e anche senza ironia. In questo zio Vuja era un vero maestro e diceva che nel calcio c’è una legge contro gli allenatori: “Giocatori vincono, allenatori perdono”. Baroni, anche perdendo, fa eccezione ma ascolti un po’ la lezione di Boskov.