di Giancristiano Desiderio
1 – Lo statalismo è la cultura maggioritaria del nostro tempo con cui due tipi di uomini usano lo Stato per i propri fini: i furbi e i fessi (che sono categorie prezzoliniane ma in questo caso rivedute e corrette così: i furbi e i cretini). I primi sono statalisti perché in questo modo governano la propria e l’altrui vita. I secondi credendo di governare in modo giusto la vita o credendo che il gioco valga la candela usano lo Stato e rinunciano al governo di sé mettendo la vita nella mani dei primi: i furbi. Contrariamente a quanto si immagina, i cretini sono più interessanti dei furbi: perché sono molti, ma molti di più e poi perché i furbi – gli scaltri, i maliziosi, gli avveduti – a volte cambiano idea, si ravvedono, si stancano. I cretini no, sono incrollabili, non riposano mai e, quindi, sono più pericolosi.
2 – Non bisogna credere che i cretini siano una classe sociale a parte o che alberghino tra i “lavoratori” o gli “umili” piuttosto che tra i “professionisti” e gli “uomini di successo”. Il cretino è democratico. La sua presenza è interclassista e trasversale. Il cretino è molto più comune di quanto non si immagini. I cretini sono praticamente ovunque perché non sono il frutto del caso ma sono un prodotto storico: sono creature del Progresso. Ecco perché siamo tutti un po’ cretini: tutti siamo figli della società di massa e siamo stati formati nella sua mezza cultura.
3 – Il carattere di fondo di questa mezza cultura – nel senso che è proprio cultura a metà, non completa, non finita, non rotonda – è la strumentalità o la metodicità o la tecnica. Le figure sociali di questa cultura sono tutte ad alto quoziente tecnico: il medico, l’ingegnere, l’economista, il professore, lo scienziato e oggi anche i comunicatori. Infatti, i più esposti alla cretineria o alla cretinaggine non sono gli ignoranti ma gli acculturati che hanno acquisito una tecnica specifica e la applicano un po’ ovunque. Flaiano lo diceva con un aforisma dei suoi: il cretino si è specializzato. Non è solo un’arguzia. Il cretino per certi versi è un prodotto scelto. Ci vogliono anni di impegno e studio per diventare cretini. La società di massa si basa sulla formazione professionale del cretinismo. Una professione che non può essere esercitata abusivamente.
4 – I professionisti e gli specialisti si devono attenere alla loro tecnica. Se non lo fanno non sono professionisti. La grande impresa umana che chiamiamo Scienza progredisce e produce scoperte e innovazioni perché gli scienziati sono degli specialisti e lavorano con metodo ognuno nel suo settore o campo d’indagine. La scienza è costituita di tanti specialisti che garantiscono progresso ma, al contempo, minacciano la scienza di distruzione tramite la distrazione perché manca una visione unitaria della scienza. Lo scienziato sa solo ciò che deve sapere e non si cura e non si occupa di tutto il resto, altrimenti non potrebbe svolgere il suo lavoro. Chi coltiva l’idea, vaga, di un’unità del sapere è considerato – come diceva Ortega – un dilettante. I filosofi sono dei dilettanti, mentre gli scienziati sono specialisti. La cultura completa, come ammoniva Croce, sta nell’unione dei due interessi: gli specialisti dovrebbero coltivare il senso dell’universale e i dilettanti avere il senso del particolare.
5 – Uno specialista sa tutto di una sola cosa e non sa una sola cosa di tutto o è un esperto che sa sempre di più su sempre di meno, fino a sapere tutto di nulla, come notava Weber. Il sapere specialistico è davvero uno strano sapere che tende ad essere pedante e scocciante. Lo specialista da una parte sa tutto o quasi e dall’altra non sa nulla ma ciò che non sa tende ad essere per lui irrilevante e così diventa saccente pensando di poter usare la sua tecnica in altri settori – che poi, in realtà, sono esperienze – dei quali ignora o le tecniche o la loro stessa esistenza.
6 – Non è raro notare che lo specialista, il professionista, il tecnico assumono giudizi e comportamenti banali, goffi, insomma, da ignoranti in problemi morali, religiosi, politici, d’arte e, tuttavia, lo fanno con supponenza, con boria come se la loro posizione fosse universale mentre è stupida e presuntuosa e i fatti – sempre duri a morire – s’incaricheranno inutilmente di smentirla. Questa manifestazione di ignoranza e di inadeguatezza dello specialista o del professionista nei problemi elementari della condizione umana rivela il limite della cultura di massa che riducendo l’esistenza e la storia ad un problema di metodo o procedura snatura la Vita e non la riconosce nella sua dimensione di libertà.
Naturalmente, non tutti gli specialisti sono cretini, ma tutti i cretini sono specialisti. Il cretino viene avanti quando il problema da risolvere non è più specialistico ma di altra natura e tale che implica un’esperienza extra-metodica che esige la “libera” facoltà di giudizio. E’ proprio qui che il cretino non si smentisce e crede nella necessità risolutiva dell’intervento dello Stato per la soluzione di un qualsivoglia problema dall’istruzione al dissesto idrogeologico, dal clima al fascismo, dalla nascita alla morte. D’altra parte, il persistere del problema e l’assenza statale gli confermano la necessità dell’intervento dello Stato – che altro non è che violenza pattuita da maneggiare con cura – e gli creano un alibi perfetto che rende il cretinismo un sistema mentale e morale auto-confermativo. Tra Stato e massa vi è corrispondenza: si alimentano reciprocamente.