di Giancristiano Desiderio
Ogni tanto qualcuno mi chiede come si sia conclusa la vicenda della Biblioteca Michele Melenzio che l’amministrazione comunale di Sant’Agata dei Goti voleva sfrattare su due piedi. La notizia – si ricorderà – fece scalpore non solo in paese ma in provincia e in regione per poi approdare anche sulla stampa nazionale. Fino ad oggi non avevo una notizia certa e mi limitavo a dire che il tribunale, che già aveva sospeso con un’ordinanza la delibera dello sfratto e in qualche modo aveva anche lasciato intendere che la delibera comunale era illegittima, si sarebbe espresso definitivamente il 4 aprile. Il giorno della verità è infine giunto ma è sopraggiunto un colpo di scena: la giunta comunale santagatese, con l’assenza del sindaco e di un assessore mentre lo sfratto fu deliberato all’unanimità, ha fatto marcia indietro e alla fine di febbraio ha approvato un atto di revoca. Dunque, come ha già anticipato Billy Nuzzolillo su queste “pagine”: i pifferi di montagna andarono per suonare e furono suonati. Tuttavia, non voglio concludere questa triste storia né con una battuta né con una rivalsa. Voglio solo fare qualche considerazione nella speranza che le mie parole siano intese come contributo al miglioramento della vita civile del paese.
Quale sia il motivo che abbia indotto la giunta a fare dietrofront non saprei. Magari retrocede per poi ritornare alla carica. Ma errare è umano, perseverare è diabolico. Voglio davvero augurarmi che questa brutta pagina sia proprio finita e che la delibera di revoca sia il frutto di un cambiamento d’indirizzo autentico che al comune santagatese era stato già chiesto sia dalla stessa Biblioteca Melenzio sia, addirittura, dal Corriere della Sera. Tutti coloro che hanno sostenuto la battaglia civile della Biblioteca Melenzio – e li ringrazio tutti, si tratta di migliaia di persone oltre a personalità del mondo politico e culturale ed a istituzioni come, ad esempio, l’Associazione italiana biblioteche – hanno sempre invitato la giunta santagatese a ritornare su i suoi passi non solo per motivi giuridici ma anche e soprattutto per ragioni civili. Ricordiamo che a Sant’Agata dei Goti la Biblioteca Melenzio, fondata e amministrata da privati, è l’unica biblioteca pubblica e laica e, dunque, la sua presenza e la sua attività garantiscono un servizio che proprio il comune, invece, non fornisce. Ecco perché la delibera di sfratto è stata per il comune santagatese un autogol: in ogni caso, sia che avesse vinto sia che avesse perso, per il comune sarebbe stata una desolante sconfitta. Fin dal principio l’intenzione dello sfratto era sbagliata e ciò che più dispiace è che l’atto incivile, condotto con gli stessi uffici pubblici, si sia inevitabilmente ripercosso sulla città di Sant’Agata dei Goti il cui nome dovrebbe essere accostato alla cultura, all’arte e alla liberalità e mai proprio mai alla negazione della cultura e del dissenso. Purtroppo, il tentativo di sfrattare la Biblioteca e di fatto eliminarla è un capitolo di una politica in cui la cultura è propaganda e la libertà d’espressione è conculcata. Ma senza libertà e dissenso il paese muore e non solo il paese. L’altro giorno un giornale titolava: “Percentuali bulgare per Renzi”. Lo stesso giornale qualche tempo prima titolò: “Percentuali bulgare per Bersani”. Credo che se tra qualche tempo si dovesse candidare un asino, il giornale titolerà: “Percentuali bulgare per l’asino”. Forse, non siamo lontani – come notava Giovanni Sartori, scomparso l’altro giorno, in un suo storico articolo – dall’avvento dell’asinocrazia. Il problema non è il bulgaro ma i bulgari. Per il primo posso anche nutrire un moto di inspiegabile simpatia, ma i secondi con il loro utilitarismo idiota e la vocazione alla servitù volontaria sono una serena minaccia anche per il re che solo il candore del bimbo della favola di Andersen potrebbe salvare dal servilismo dei sudditi e dei cortigiani.
Resta da capire chi paga. In una vicenda come questa occorrerebbe almeno che ci fosse l’individuazione di responsabilità e delle conseguenze. Insomma, chi ha creato questa sarabanda come ne risponde? ilvaglio.it diretto da Carlo Panella ha già risposto sottolineando che ancora una volta, vista la sconfitta, si è scelta la strategia del silenzio, della noncuranza, della mimesi, del muro di gomma. Il silenzio della ritirata è direttamente proporzionale al clamore della propaganda. La serietà implica la presa d’atto della sconfitta e un’assunzione di responsabilità, non fosse altro perché lo spirito serio vuole imparare dai propri errori; ma se la politica è finzione e la cultura propaganda allora, gli atti di responsabilità sono sostituiti dagli atti di irresponsabilità e si confida unicamente nella rendita di posizione, nella convenienza delle dimenticanze attendendo il prossimo giro di giostra per ricominciare di nuovo con la finzione e con la propaganda. Così la fuga dalle responsabilità è pagata dal paese intero che ha un municipio finanziariamente dissestato, un’economia in ginocchio, un’emigrazione giovanile e adulta che ricorda gli anni Cinquanta.
A fronte di questa drammatica situazione noi non possiamo fare altro che il nostro dovere con maggior forza e convincimento perché riteniamo che la libertà della cultura sia il presupposto essenziale per discutere e individuare ostacoli e bisogni da superare lavorando nel solco della crescita civile. Questo è il nostro unico intento e speriamo che il comune della nostra cittadina ce lo lasci perseguire senza crearci nuovi e gratuiti impedimenti. Gli incontri seminariali della Biblioteca Melenzio testimoniano questa nostra passione civile: venerdì prossimo, 7 aprile, ci sarà una conversazione che avrà per tema proprio l’importanza decisiva della libertà culturale e prenderà le mosse dal rapporto tra Croce e il marxismo, mentre martedì 11 aprile Domenico De Masi verrà a discutere, quasi in una sorta di anteprima nazionale, il suo ultimo volume dedicato ai cambiamenti storici nel mondo del lavoro. Vi aspettiamo.