di Antonio Medici
Dalla baita sull’altipiano di Asiago al lido con ristoro squallido tutto cemento e intonaco celestino, dal bar di Amsterdam al chiosco di Soverato, dal baretto con cucina nel retrobottega sperduto tra le molli campagne emiliane al più chiccoso bar di Milano, tutti i locali tappezzano pareti, vetrinette, ingressi con gli adesivi delle guide più disparate in cui sono presenti fosse pure con un mezzo calice rotto, una stelletta a mozzata, una forchetta a due rebbi. Guida vini, guida bar, guida rozza e guida rossa. Ammiccamenti per il goloso, il mangione, il furbastro, il sapientone, il viveur. Competizione a chi ne incolla di più. L’adesivo immancabile, però, è quello del Gufetto con gli occhi circolari di Trip Advisor. Immenso social globale in cui ciascuno, ebete o scienziato, può recensire più o meno qualsiasi cosa gli sia capitato di visitare. A breve, immagino, arriveranno anche le recensioni dei cessi pubblici. Stando alle cifre rese note dal colosso americano sul portale vengono pubblicati 200 nuovi contributi ogni minuto; nel 2016 pare siano state raccolte oltre 350 milioni di recensioni.
Ciò che incuriosisce, ad ogni modo, non è il coinvolgimento che il social dei viaggi è stato capace di generare, in qualche misura immaginabile in un’era in cui siamo compulsivamente portati a condividere ogni attimo della nostra giornata, ma il sentiment dei recensiti, ovvero dei titolari dei locali.
All’esposizione del gufetto o dell’award non rinuncia nessuno, salvo poi dare in escandescenza quando arrivano critiche ritenute ingiuste o approssimative o superficiali. Non sono pochi i ristoratori che replicano piccati e talora con toni offensivi agli utenti rei di aver vomitato sul social la propria delusione per l’attesa, la qualità del cibo o l’entità del prezzo. Non sono pochi quelli che poi ,su altri social (Facebook su tutti), cercano la solidarietà dei clienti fedeli, di quelli esperti ossia abituati a mangiar fuori casa o a frequentare determinati tipi di ristoranti o anche dei propri colleghi. Si tratta di un atteggiamento schizofrenico.
Si stima che per ogni punto in più nella classifica di Trip Advisor il fatturato del locale si incrementi dell’1,4%. Ossia a dire ogni palla Trip Advisor vale oro non già per gli utenti che recensiscono ma per i recensiti. Di qui l’ipersensibilità. Siate onesti belli e cari nostri ristoratori, confessate che con Trip si può far trippa.
Dove c’è trippa inevitabilmente ci sono i rapaci. Il primo rapace è Trip Advisor medesimo il cui CEO (amministratore delegato) è uno dei primi cinque più pagati al mondo. Trip vive di inserzioni e gode da morire nel tenere in scacco i recensiti. Per un verso incita i ristoratori inserzionisti a pagare un prezzo maggiore con messaggi di questo genere: “state perdendo un’occasione unica. Il mese scorso, la vostra Recensione preferita avrebbe potuto influenzare i visitatori della pagina TripAdvisor della struttura. Agite subito, passate a Premium oggi stesso.” Si promette, dunque, di sapere come influenzare i visitatori delle pagine degli inserzionisti. Per altro verso apre il campo ad altri rapaci. Nelle note di accompagnamento al nuovo algoritmo che determina il punteggio e la posizione in classifica dei locali abbondano espressioni generiche ed imprecisate: “a parità di condizioni”, “peso maggiore”, “recenti”, “recensioni concordi”, “volume significativo”. Il vademecum, scritto evidentemente per gli utenti del tipo ben codificato da Umberto Eco, conclude così: “più recensioni riceve la struttura meglio è, le recensioni positive sono meglio di quelle negative, le recensioni recenti sono meglio di quelle datate”. Insomma i ristoratori devono sapere che servono tante recensioni positive sempre. Questo apre il campo al secondo tipo di rapaci, gli smanettoni che, in barba delle note antitruffa di Trip Advisor, vendono servizi di questo genere: “salve mi chiamo Lupo Alberto e le scrivo per la sua azienda: Pecorella Smarritanelweb; La contatto in quanto stiamo riproponendo a strutture della sua zona il nostro servizio di promozione su Tripadvisor… Il servizio si attiva direttamente dal sito web investendo un basso budget e funziona bene. Solitamente chi lo utilizza (hotel, B&B e ristoranti) ha un incremento di prenotazioni e di conseguenza del fatturato già alla fine del primo mese.”
In conclusione, si acquietino quei ristoratori pronti a fare fuoco e fiamme per ogni recensione ingiusta, presumibilmente libera anche se magari superficiale, ricevuta, almeno sinché sono parte del sistema trippa, esponendo il gufetto verdolino; esercitino il dubbio gli utenti in ordine alle “palle” da una a cinque con cui sul social è valutato ogni locale.