di Guido Bianchini
Questo pezzo è stato pubblicato originariamente sul Vaglio.it a pochi giorni dalla scomparsa di Carmelo Imbriani. Lo ripubblico su Sanniopress nel giorno del suo compleanno, come fosse un piccolo regalo per tutte le emozioni che ha fatto vivere ai tifosi giallorossi, con la speranza che anche chi non avuto la fortuna di conoscerlo possa cogliere cosa ha rappresentato e rappresenta per Benevento.
In questa piccola realtà di provincia, il calcio è liturgia; è un rito collettivo in cui se il giallorosso ti entra nel sangue è difficile che se ne vada. Spesso si crede che valga solo per quegli appassionati che seguono gli stregoni dovunque, ma che in fondo non partecipano attivamente alle loro sorti. In campo ci scendono altri, professionisti del pallone, pronti a cambiare maglia al minimo screzio o per un ritocco di ingaggio, a cui il tifoso può anche legarsi, ma con la consapevolezza che sarà qualcosa di passeggero, mai pari a quella stessa passione che ogni domenica riempie uno stadio. Se questa è la regola, ci sono tuttavia, le eccezioni che ti fanno superare ogni contraddizione del mondo del pallone . Carmelo Imbriani è stato e sarà sempre una di queste incoraggianti eccezioni. Con i suoi gol ha fatto esplodere il San Paolo, potendo permettersi arie da professionista affermato che guarda dall’alto in basso e al massimo lo incontri in locali alla moda, invece, lo vedevi passeggiare per le strade del Rione Libertà , stare tra la sua gente, scambiare quattro chiacchiere in dialetto, non negando una battuta a nessuno perché sapeva bene quanta emozione sa regalare la casacca giallorossa e cosa significa indossarla con orgoglio. Lo stessa che traspariva dopo una sua rete : la corsa forsennata sotto la curva e quello sguardo raggiante che sembrava voler incrociare idealmente tutti coloro che esultavano con lui e per lui. Qualcosa che da queste parti si vede raramente, segno di un’ empatia che non ha bisogno di esultanze eccentriche. Nel calcio spesso malato di divismo, Carmelo colpiva per la normalità e per il suo capire perfettamente gli umori della piazza a cui non si è mai sottratto a prescindere dal momento. Boskov, che lo ha allenato a Napoli, diceva . “tifoso vero non è come ombra che esce solo quando c’è sole”, Imbriani ha mostrato più volte che il compito di un calciatore può essere quello di portare il sole, pur restando costantemente nell’ombra. A Benevento lo ha fatto spesso, ritornando più volte nella sua città , per fuggire l’etichetta di profeta non in patria e consacrarsi definitivamente come bandiera giallorossa. Ed ogni volta è stata sempre una nuova iniezione di fiducia ed entusiasmo, quello di chi conosce i sogni calcistici della sua realtà e ne avrebbe voluto essere parte integrante. Non ci è riuscito da calciatore e ci stava provando dalla panchina, prima nel settore giovanile poi in prima squadra arrivando ad un solo punto dalla zona play-off, Anche in quel caso però il risultato sportivo, passava in secondo piano, la sua umanità superava la retorica da conferenza stampa. Si accostava ai microfoni, celando l’imbarazzo con saluti e sorrisi distensivi, quasi a ricordare a tutti che si sarebbe parlato di calcio e non di ragioni di Stato. Il tutto con la massima onestà di chi non sa nascondersi dietro le frasi fatte e anticipa lo stato d’animo collettivo perché era anche il suo, quello di un beneventano che ha scelto di vivere di calcio laddove era nato e cresciuto. La sua tragica scomparsa lascia un vuoto nella nostra comunità proprio perché con lui non si perde un calciatore, ma un uomo vero che ha mostrato alla sua gente come si incarna una passione, in campo e fuori , non avendo bisogno di riflettori per sentirsi grande, ma riuscendo ad esserlo con la semplicità di gesti e atteggiamenti che rendo superflue persino le parole. Una primizia della nostra terra, recisa troppo presto, il cui ricordo più vero si rinnoverà ogni qualvolta i cuori dei suoi tifosi, palpiteranno per un’emozione tinta di giallorosso, come quelle che Carmelo, ci ha regalato da Capitano Silenzioso innamorato della sua gente.