di Giancristiano Desiderio
Il politico italiano più odiato dalla sinistra è un leader di sinistra: Bettino Craxi. Mai nessuno, forse neanche Benito Mussolini, è stato così odiato. Non a caso l’accusa scagliata contro Craxi – così sfruttata dalla satira di Forattini che lo disegnava con gli stivali del dittatore – è stata quella di “socialfascismo”. Un odio così velenoso e duraturo che ancora oggi, dopo diciassette anni dalla sua morte nella terra tunisina, non si riesce a parlare di Craxi con un minimo di verità storica e il solo immaginare di dedicargli una strada o una piazza è motivo di mille cautele e mille polemiche. L’imbarazzo nascerebbe dall’evocazione della corruzione e delle mille e mille ruberie della partitocrazia che il solo nome di Craxi – anzi, del Cinghialone, come lo chiamava Feltri nel bel mezzo della bufera di Tangentopoli – suscita. Tanto che anche Matteo Renzi – cioè quello che, lo voglia o no lui stesso, è un nipotino di Craxi – quando era sindaco di Firenze si dichiarò “contrario a dedicare una via a Craxi e infatti non gliela dedicheremo. Con tutto il rispetto e la pietas – disse – sono contrario perché via Bettino Craxi non ha un valore pedagogico”. Ma perché, vien da osservare, una volta eliminato pedagogicamente il cinghialone espiatorio è forse scomparsa la corruzione? La verità è un’altra. L’odio nei confronti di Craxi non nasce da motivi giudiziari ma da ragioni politiche che affondano le radici nella storia italiana e internazionale del socialismo e del comunismo.
Bettino Craxi è stato il primo leader della sinistra italiana a diventare presidente del Consiglio e quando governò, governò a lungo e bene: fermò la demagogia dei sindacati, ridiede un minimo di prestigio all’Italia, riscrisse il Concordato, superò l’idea malsana del compromesso storico, difese l’esigenza di una sinistra riformista, mise in crisi l’egemonia del Pci sulla sinistra, liberò la destra dal suo isolamento, osteggiò l’ideologia e la pratica dell’arco costituzionale e avanzò la proposta della riforma costituzionale. Ce n’è quanto basta per fare di Craxi l’uomo politico italiano, pur con tutta la sua arroganza e scontrosità figlie della timidezza malcelata, più importante della fine del Novecento. Tuttavia, l’odio nei suoi confronti che veniva dai comunisti e poi dagli ex e post comunisti non nasceva dall’invidia per la sua affermazione politica e per la sua abilità alla Ghino di Tacco capace di inserirsi tra la Dc e il Pci e far pesare i voti socialisti e la cosiddetta “onda lunga” elettorale. No. Quell’odio, che poi ha assunto le fattezze della maschera del moralismo e dell’indignazione con la condanna della corruzione che aveva, invece, la sua origine proprio nell’esistenza del Pci, nell’oro di Mosca e nella “democrazia consociativa” in cui il principale partito di governo era in realtà un socio in affari del partito di maggioranza relativa, quell’odio aveva e continua ad avere la sua origine nella storia politica della sinistra in cui i socialisti erano considerati né più né meno i cugini poveri dei comunisti e i traditori della Causa.
Quando Craxi assunse la guida del Psi fece esattamente l’opposto di quanto si propose Francesco De Martino che dichiarò che i socialisti non sarebbero mai più andati al governo senza i comunisti. Una ammissione di subalternità politica e culturale davvero imbarazzante. Craxi, invece, dal principio fece l’opposto e non si mostrò mai subalterno al Pci e alla sua superiorità egemonica: non per questioni di carattere e di orgoglio ma per ragioni squisitamente politiche perché aspirò con avvedutezza a sostituire l’egemonia comunista con i valori della socialdemocrazia che stavano giustamente dalla parte della democrazia liberale, della libertà di mercato e della società aperta e pluralista. In questo modo Craxi puntava il dito dritto verso l’anomalia italiana ossia l’esistenza ancora di un partito marxista-leninista legato a doppio filo spinato a Mosca e causa di quel consociativismo che, con la teorizzazione e la pratica di un governo insostituibile e di una finta opposizione, è stata la vera radice della corruzione.
Per la sinistra comunista Craxi era ed è odioso perché è quel socialista che – come già fece Turati nei confronti di Gramsci – mostrò e mostra come il comunismo e il mito rivoluzionario siano solo degli inganni praticati a beneficio del Partito e in danno dei lavoratori mentre nella vulgata culturale e antifascista ma non anti-totalitaria della Prima repubblica il comunismo era nientemeno che il Bene e chi si diceva anticomunista o era pazzo o era un fascista e i socialisti se non volevano essere considerati dei traditori oggettivi dovevano sottostare al Pci. Zitti e Mosca. Il Berlinguer – il tanto amato Berlinguer della diversità, della questione morale – ancora nel 1978 riteneva “del tutto vivente e valida la lezione che Lenin ci ha dato” mostrando ancora una volta l’arretratezza culturale e politica della sinistra. Ma Craxi si incaricò di smascherare proprio questo inganno spiegando e dicendo che non solo ci si poteva dire anticomunisti ma era anche giusto e doveroso farlo non solo per motivi di lotta politica ma per genuine ragioni di verità e libertà. Ecco perché ancora oggi Bettino Craxi è tanto odiato a sinistra.
Un’analisi straordinaria di Desiderio che dovrebbe far riflettere Nencini ed il suo staff che, a distnaza di anni, rivaluta per la Storia un socialista che aveva capito come inserirsi tra DC e PCI per riportare il PSI-Garofano Rosso alla guida dell’Italia e successivamente impose Sandro Pertini agli amici ed agli avversari comunisti un’altro Grande Socialista dal Volto Umano. Ed oggi? Scindiamo ancora un PSI per responsabilità dirette di Nencini e dello staff che sta prendendo piede e che si concretizzerà nel Consiglio Nazionale del 08-04-2017. Ma questa maledetta inversione di tendenza quando avverrà? Le sezioni attendono e poi sceglieranno con quale Movimento o Area andare per continuare il percorso per un rinnovamento totale dei vertici che governeranno il PSI di Turati per i prossimi anni. E gli esclusi al Congresso? Tutti contro il PD, oggi tutti ex DC e domani forse Socialdemocratici? Fra 4 anni l’anniversario della prima scissione, 1921- 2021!Allora abbiamo deciso di scomparire? Io, De Martiniano convinto,, mi accingo a cambiare idea, ma già lo ero ancora prima. Mai con questo PD? ma nelle periferie è ancora possibile fare accordi con i giovani del Partito Democratico che non la pensano come il GURU di Firenze.Dopo questa attenta analisi di un collega spero anche compagno, lo staff di nencini, insieme a Mauro Del Bue, dovrebbero riflettere attentamente se non vogliono assumersi la responsabilità di un’altro clamoroso scioglimento del PSI e di una dipendenza dal Partito Democratico del vincitore del Congresso, il Matteo che predica bene ma razzola male. Tacco di Ghino
Benissimo. Analisi meritevole di riflessione se non per il fatto che trascuri un piccolo ma significativo dettaglio: perché Craxi, con tutta la sua capacità di vedere un futuro per la sinistra italiana svincolato da residui dell’ex PCI e dal permanere della mentalità egemonica nei suoi eredi, non ha saputo/voluto riufiutare la nefanda pratica dei finanziamenti illeciti al punto di costituire una “riserva” di sua esclusiva disponibilità. ? Quale vero statista avrebbe solo potuto pensare di acquisire potere con le tangenti per poi riformare quel sistema che gliel’ha concesso?
Un’analisi giusta e doverosa nei confronti di un Socialista dal Volto Umano che ha dato lustro al PSI, anche se io continuavo a girare le sezioni della provincia di Caserta, negli anni 70 e 80, per spiegare le motivazioni del compagno Francesco De Martino. Mai stato craxiano, ma sempre anticomunista, sia nel PSI che nella UILM-UIL, ove sono stato un modesto dirigente. Oggi purtroppo Nencini sta svendendo un patrimonio di idee e di risorse a favore di un PD, che di comunisti al proprio interno non ne ha più, anzi sono tutti ex DC, poi Margherita. Allora rispettate l memoria di questo esule che non ha voluto essere processato nella sua Terra da PCI dell’epoca e da un pool di magistrati che sponsorizzarono il Presidente del Consiglio dell’epoca, tal Baffino, ancora oggi in auge, grazie ad un Renzi allo sbando ed un Gentiloni che scalda la poltrona in vista di un probabile ma difficile cambio. Tacco di Ghino