di Giancristiano Desiderio
Se il ministro dell’Istruzione non ha né il diploma di laurea né il diploma di maturità allora, forse, si potrà porre il tema del valore legale dei titoli di studio. Il “caso Fedeli” può essere utile a sua insaputa. Qual è, infatti, il valore della laurea e del diploma: quello legale o quello culturale? In un paese serio la risposta è scontata: ciò che conta è il valore culturale. Ma in Italia, che è un paese al massimo semiserio, il valore culturale dipende dal valore legale ossia dal cosiddetto “pezzo di carta”. Il risultato è tragico perché alla fine dei corsi i titoli di studio valgono addirittura meno dello stesso “pezzo di carta” che li certifica. Perché? E’ abbastanza semplice: il valore legale – come ripetevano e spiegavano benissimo due grandi liberali come Luigi Einaudi e Salvatore Valitutti – è una statizzazione degli studi e, quindi, è un siero che si inietta nel sistema dell’istruzione che così dà frutti avvelenati. Il fondamento della matematica non è il Parlamento ma l’aritmetica, la critica letteraria non si fonda sulla sovranità popolare ma sul giudizio estetico e così via. E’ fin troppo evidente che ciò che fa difetto al nostro sistema dell’istruzione è la libertà degli studi e, come diceva don Sturzo e ripeteva Montanelli, gli italiani non saranno liberi fino a quando non sarà libera la scuola. Il “valore legale” è di fatto e di diritto un corpo estraneo alla scuola e all’università ed è il principale tema da affrontare se si vuole dare un minimo di dignità e razionalità alla formazione e alla ricerca.
Suor Anna Monia Alfieri, su il Giornale, si è chiesta in che modo la scuola italiana può diventare più giusta e più efficiente. E ha dato una risposta precisa: il costo standard che, finalmente, darebbe alle famiglie la possibilità reale di scegliere tra scuole pubbliche gestite dagli statali e scuole pubbliche amministrate dai privati; che farebbe risparmiare allo stesso Stato circa 17 miliardi di euro sull’attuale spesa scolastica e alleggerirebbe lo stesso peso scolastico sulle spalle di uno Stato che da solo, ormai, non riesce più a garantire il diritto all’istruzione. Tuttavia, il costo standard, pur essendo una risposta necessaria, non tocca l’essenza della scuola che rimane come presa in ostaggio da quel “valore legale” dei titoli di studio che è a tutti gli effetti la forma che ha assunto in Italia il monopolio statale della scuola. La domanda che va posta, allora, non riguarda solo i costi e la giusta equiparazione tra statale e privato – dal momento che la scuola è pubblica per definizione – ma anche la stessa istruzione: come si riporta la scuola a scuola? E’ questa la domanda che tutti i ministri dell’Istruzione e tutti i governi eludono sfornando riforme su riforme che saranno sempre inutili perché invece di togliere il veleno dalla scuola continuano a iniettarlo. La cura è diventata la malattia e il medico – lo Stato – è il carnefice. La tanto strombazzata Buona Scuola del governo Renzi è fallita in partenza perché si muove all’interno del circolo vizioso in cui lo Stato invece di ritirarsi dagli studi li avvelena “legalizzando” ciò che per sua natura è libero e richiede per affermarsi e crescere la libertà come suo mezzo e suo fine.