di Antonio Medici
Scivolando su binari e strisce d’asfalto, da sud a nord e viceversa a ritmo incessante, capita di intrattenersi anche con letture frivole o di curiosare dove solitamente si passa senza buttar occhio. Straordinari strumenti di clickbaiting, classifiche, ricette definitive e sondaggi on line sono allergeni potentissimi per chiunque aspiri a formarsi un’idea tendenzialmente seria del luccicante mondo del food. Roba da attacco violento d’orticaria se non da shock anafilattico.
Ingoiata, dunque, una potente pasticca di antistaminico – principio attivo lussuria, eccipiente vino – mi tuffo nel sondaggio online di Italia a Tavola per l’attribuzione del Premio omonimo a chi la folla di cliccatori inferociti – migliaia in poche ore annunciano trionfanti gli organizzatori – pensa abbia rappresentato al meglio il settore della ristorazione e dell’enogastronomia italiana nel 2016. Si vota dall’11 dicembre 2016 alle ore 24 del 5 febbraio 2017. Collegandosi a questo link http://www.italiaatavola.net/pagina_sondaggio.aspx?s=8 si apre la paginata di faccine dei candidati divise per categorie. Un sobbalzo, la cui onda d’urto per poco non induceva un deragliamento della freccia italiota su cui viaggiavo, mi ha preso quando ho trovato nella medesima riga della categoria “opinion leader” il faccione di vent’anni fa di Luciano Pignataro (giornalista, blogger, comunicatore del terzo millennio) e la maschera nera di Valerio Massimo Visintin (vecchio arnese del giornalismo indipendente).
Visintin è il più inviso dei giornalisti gastronomici italiani. Scrive divinamente, ha senso dello humor raffinato, conserva trapassati ideali di onestà professionale e rispetto per il lettore. Oibò, visita i ristoranti in incognito per non godere di trattamenti privilegiati, paga i conti, esercita la libera critica. Un personaggio dell’assurdo, insomma, con un’unica missione, fare il cronista gastronomico. Che monotonia, che noia. Sulle pagine cartacee e online del Corriere della Sera non è mai apparsa a sua firma una ricetta definitiva, una classifica, un selfie col pizzaiolo di turno. Che oscenità, un giornalista di cui fidarsi per la sua indipendenza.
Luciano Pignataro è il vero giornalista moderno. L’ho visto moderare convegni col suo moderno laptop aperto innanzi, quasi a nascondere pancione e faccione. Moderava e al contempo aggiornava il suo twitter, la pagina facebook, il blog e scriveva pure l’articolo per il giornale. Tutto sul tema del convegno. In realtà non è chiaro se moderi mentre scrive o se scriva mentre modera. Veloce più veloce della fibra, capita che alcuni comunicati stampa appaiano prima sul suo blog che nella mia mail. Deve aver ideato una qualche diavoleria tecnologica per cui alcune veline vengano direttamente risucchiate dal suo blog mentre l’addetto stampa le pensa, prima ancora che digiti la prima lettera. Forse interi uffici stampa sono risucchiati così. È vicino il giorno in cui leggeremo i comunicati sulle paginate de il Mattino o sulla home del suo wineblog. In effetti è da considerarsi l’ideatore di un meccanismo di inganno del tempo. Non si sa più, ad esempio, se l’abbinamento pizza & falanghina sia apparso prima sulle pagine de il Mattino o nelle pizzerie di Gino Sorbillo.
Pignataro conosce a menadito tutti i vini della Campania e non, per qualche guida degusta vini poi racconta nei dettagli sul suo Mangia&Bevi. Il suo blog è spesso mediapartner di megacongressi senza congressi con mozzarellai e pizzaioli i cui resoconti più puntuali ed enfatici possono leggersi sempre sulle colonne de il Mattino. Centinaia di migliaia di clic premiano le sue classifiche dei dieci migliori tarallucci e vino, pizze e vanità, polpette, braciole; e poi ci sono le ricette definitive e quelle originali, sono le stesse che si trovano altrove. Big Luciano, così è soprannominato pur dovendosi preferire Bug Luciano, insomma, è vero giornalista multitasking, multievento, multiclick. Per questo ho deciso di offrirgli il mio multivoto.
Italia a Tavola avvisa che ciascun utente può votare solo una volta, ma io ho votato collegandomi prima col wi-fi dell’albergo, poi con la rete mobile personale, poi con quella aziendale. Domani lo voterò ancora dalla rete di casa, domenica da quella del ristorante, lunedì dall’ufficio e martedì dal bar sotto la redazione. Sino a febbraio le urne sono aperte e troverò più reti al giorno grazie a cui cliccare a raffica sul faccione di Pignataro, checché ne dicano gli organizzatori di Italia a Tavola. Magari un voto, ma solo uno, lo assegno anche a Visintin; in fondo, citando De Gregori, è lui “quello con cui vivere”.
Gentile Medici
La ringrazio per il voto compulsivo, espressione di una benevola ossessione nei miei confronti. Tanto più apprezzabile perché credo che ci saremmo incontrati un paio di volte e parlati ancora meno.
Eh si, ora sono un giornalista moderno, lavoro 12, 14 ore al giorno, quasi tutti i giorni dell’anno. Ho iniziato, pensi, quando non c’era fax e adesso sto sui social e nel web perché ho preferito stare al passo a differenza di tanti altri miei colleghi coetanei, quindi non deve stupirsi se comunicati arrivano prima nella casella di un iscritto albo che fa questo di professione dal 1986 invece che a un commercialista come lei. Capita a chi vive del proprio lavoro invece di fare il dilettante.
Capita ai dilettanti anche di andare ad un congresso, come è successo a Lei, tra i più ambiti in Italia, al quale hanno partecipato tutti, dico tutti, i grandi cuochi italiani, realizzato con il sudore e l’intelligenza di due ragazzi al Sud, di cui ha parlato non solo il Mattino ma tutti i media nazionali e tanti internazionali. E pensare di trovare i mozzarellari come li definisce Lei. Capisco allora perché Lei vorrebbe vivere con Visintin, lui non esce dai Navigli, lei non abbandona le sagre di paese.
State bene insieme, decisamente.
Spero che mi tratti come ha fatto con l’Ais: dopo un attacco feroce è diventato responsabile della comunicazione. Io però, più di qualche tweet non posso offrirle.
Auguri per la sua carriera politica che mi dicono brillante.
1476 battute per commentare un dilettante. Strano, mi hanno insegnato che ai bravi giornalisti bastano quattro parole. Buon anno, Pignataro.
non conosco Medici, leggo talvolta Visintin, ma conosco Pignataro. Nessun dubbio sulla mia scelta, anche se aderire ad un qualcosa organizzato da Italia a tavola mi sembra una perdita di tempo e un oltraggio alla mia intelligenza. Sempre e comunque, a prescindere, Visintin, bravo Medici!
Anche nella battuta è impreciso. Montanelli parlava di 30 righe. Spero che almeno nelle pratiche da commercialista sia più preciso altrimenti i suoi clienti rischiano di passare brutti guai.
Buona mozzarella e putipu
“In trenta righe si può spiegare il mondo” questo diceva Indro Montanelli. Piuttosto che quattro parole, dunque, per stroncare un dilettante dovrebbero bastare trenta battute. Almeno le citazioni bisognerebbe capirle prima di usarle.