di Giancristiano Desiderio
Raffaele La Capria, in un articolo sul Corriere della Sera, ha definito l’ultimo libro di Marina Ripa di Meana, Colazione al Grand Hotel, un gioiello. L’autore di Ferito a morte è un carissimo amico di Marina e – mi son detto – il suo giudizio sarà velato dall’amicizia. Invece, il velo sugli occhi l’avevo io. Ho letto il libro dalla prima all’ultima pagina e il velo è caduto. La Capria ha ragione: le memorie di Marina Ripa di Meana intorno alla sua amicizia con Goffredo Parise e Alberto Moravia sono un piccolo prezioso gioiello.
Marina racconta di una stagione felice della sua vita romana, quando a Roma “si viveva con niente, si campava di fantasia”. La fantasia, però, almeno quella, bisognava averla e Marina – che ancora non aveva sposato Carlo Ripa di Meana – ne doveva avere un bel po’ se si dedicava al suo atelier di piazza di Spagna e viveva, con la figlia Lucrezia, al Grand Hotel così: “Fu un periodo come fuori dal tempo. Non avevo una lira in tasca, ma vivevo come una miliardaria, viziata e coccolata”. Al Grand Hotel si incontrava per la colazione – il pranzo – con Moravia e Parise i quali erano ben lieti di conversare con lei “con la tacita consegna di non parlare di letteratura”. I due scrittori, notissimi e celebrati, volevano sentir parlare di avventure, di amori, di signore, di moda e di tutto ciò che riguardava la vita normale o straordinaria che fosse: “Si divertivano come due ragazzini che avevano marinato la scuola”. Furono loro a consigliare Marina di posare nuda per il servizio fotografico di Playmen. Con decisione le disse Goffredo: “Saresti sciocca a rifiutare, Marina. Che cosa vuoi che sia, per qualche foto osé non è mai morto nessuno! Anzi, mi è venuta un’idea, proponi alla redazione della rivista un mio commento alle tue foto. Che ne dici, Alberto? Potresti scrivere due righe anche tu. Non saremo certo noi due ad arricciare il naso davanti a una rivista cosiddetta erotica”. Proprio non arricciavano il naso. “Ma sicuro”, esclamò ridendo Moravia, “magari pagano pure bene gli articoli…”. Si sa, l’autore de Gli indifferenti era tutt’altro che indifferente ai soldi. Ci teneva molto alla sua collaborazione con L’Espresso ma si lamentava di essere pagato meno di Norman Mailer che era retribuito molto generosamente dall’Esquire e dal New Yorker. I suggerimenti di Parise e Moravia furono accolti e nel maggio del 1980 uscì il servizio da copertina di Playmen: Nudo d’autore. Marina Lante della Rovere “interpretata” da Moravia e Parise.
Attraverso i suoi ricordi, sempre vivi e freschi, l’autrice ci consegna un ritratto inedito dei due romanzieri che son colti nella loro umanità nuda e cruda. Forse, il ritratto migliore è quello di Parise “che non giudicava, accettava le persone per quello che erano” e diceva che “la cultura non è leggere tanti libri, quanto piuttosto impegnarsi per tentare di capire le cose”. Ci sono di quelli che hanno letto tanto, tutto, e hanno la citazione facile di questo e di quello, di Proust e di Joyce ma sono rimasti cretini: “Sono i cretini intelligenti”, diceva Parise. Meno convincente il ritratto di Moravia, forse perché più distante e distaccato. “Alberto non mi ha mai convinta” disse la Callas nelle sue lettere a Pier Paolo Pasolini.
Goffredo Parise sotto sotto era un po’ innamorato di Marina e Moravia, da par suo, ci provò ma Marina se la cavò con leggerezza e ironia. Quando Marina confidò al suo amico Goffredo di volersi sposare con Carlo Ripa di Meana, lo scrittore ci rimase male: “Per carità, un politico! Ma quante volte te lo devo dire, i politici sono una razza da depennare dalla faccia della terra! Sono i peggiori! Noiosi, saccenti, infidi, presuntuosi, bugiardi, conformisti…che c’entri tu con un politico?”. Risultato: Moravia e Parise furono i testimoni della sposa e Antonio Giolitti e Bettino Craxi furono i testimoni dello sposo.
(La sera di sabato 17 a Morcone parlerò, con l’autrice, di Colazione al Grand Hotel. Moravia, Parise e la mia Roma perduta)