di Giancristiano Desiderio
L’Italia è il paese dove crollano i ponti e Claudio Bertini – professore di ginnastica in pensione e dirigente al centro sportivo della Pro Patria di Sesto San Giovanni – muore schiacciato dal cemento armato del cavalcavia di Annone Brianza che doveva essere chiuso e invece era aperto. E’ sera, sei alla guida della tua auto, torni a casa dai tuoi cari dopo una giornata di lavoro, passi sotto un ponte autostradale che ti schiaccia per sempre e finisci di campare. Percorri un cavalcavia e la via ti si apre davanti, crolla, l’automobile rimane in bilico più di là che di qua e tu hai il cuore in bocca. Ancora, guidi, vai via che è un piacere, il cavalcavia vien giù, ti schiaccia la macchina e tu morto di paura salti fuori illeso dal finestrino. Il video del crollo finisce sul web e fa il giro del mondo perché mostra come al passaggio del Tir il ponte non regga, mostra una crepa che si vede ad occhio nudo anche prima dell’arrivo del grande camion e crolla di schianto sulle automobili che lì sotto stanno sfortunatamente transitando. Sembra un video di Paperissima, ma c’è un morto, è un disastro, nessuno sa di chi è la responsabilità, nessuno dice chiaro e tondo che quella strada doveva essere chiusa e si sapeva che doveva stare chiusa.
Dopo la tragedia va in scena il solito scaricabarile. L’Anas non ne vuole sapere e scarica il barile. La Provincia non ci sta ad assumersi la responsabilità e scarica il barile. Nessuno lo vuole questo barile e – statene certi – nessuno lo avrà. Perché in Italia, cambiano i governi e cambiano le Costituzioni – ben sedici sono i cambiamenti della carta costituzionale – ma il barile non si ferma mai e si trova sempre il modo di scaricarlo, fino a quando non ricade – proprio come il cavalcavia di Annone Brianza – sul cittadino. L’Italia dello scaricabarile e dei ponti che crollano anche se la terra non trema è fatta così: il barile non si ferma mai.
Una volta, Harry Truman, presidente degli Stati Uniti d’America, portò nello studio ovale della Casa Bianca un fermacarte che recava incisa questa frase: “The buck stops here”, il barile si ferma qui. Questa è la riforma che servirebbe all’Italia: sapere dove si ferma il barile e avere un presidente – uno qualunque – capace di dire: “Cari italiani, il barile si ferma qui”.
Intendiamoci. Non mi piace la logica del capro espiatorio in cui uno paga per tutti. Questo, però, è il paese che una volta va alla ricerca del mancato avviso dell’arrivo del terremoto ed un’altra volta si gira dall’altra parte se crolla un cavalcavia. Ma uno Stato-governo-regione-provincia-comune che non sa tener su i ponti e le strade è uno Stato e tutto ciò che segue che crolla, e non per colpa del terremoto. Ora su quella strada tutti i cavalcavia sono chiusi: erano ventisei, uno è crollato, e gli altri venticinque sono chiusi per verifiche. Si sa che al monastero di Santa Chiara, dopo il saccheggio, furono messe le porte di ferro.
L’Italia in cui viviamo è questa. Vengono giù i ponti, ma il governo ritiene che sia una bella cosa dire che si potrà fare il Ponte sullo Stretto di Messina. Tanto, anche se dovesse crollare, il barile non si fermerà mai.