di Giancristiano Desiderio
Sapete chi ha abbandonato il Sud? Il Sud. E’ una verità scomoda da buttare giù, ma la verità o è scomoda o non serve a niente. Ogni volta che c’è un dramma con decine di morti – e negli ultimi anni le tragedie civili sono aumentate, dalla Sicilia alla Calabria, dalla Puglia alla Campania – il Sud piange i suoi morti e spera che sia l’ultima volta. Ma, come dice anche il detto popolare, chi di speranza vive disperato muore. Le lacrime meridionali sono lacrime di coccodrillo perché prima e ultima responsabile delle sciagure del Mezzogiorno d’Italia è la classe politica e dirigente del Sud che con lo stesso consenso del Sud si è specializzata nello scambio tra centro e periferia, tra governo e regioni meridionali: risorse in cambio di voti. Uno scambio tutt’altro che casuale, anzi; uno scambio storico con cui non solo è stata fatta l’Italia ma l’Italia stessa è diventata un paese di successo. E allora dov’è l’inghippo? Perché il Sud è tuttora arretrato rispetto al Nord? Perché lo scambio tra risorse e voti oggi non è più possibile. Non ci sono più i pani e i pesci da moltiplicare e la classe politica del Sud ormai non rappresenta neanche più se stessa. Il dramma inizia qui.
Nel libro intitolato Unità a Mezzogiorno, lo storico Paolo Macry ha mostrato come la classe politica locale sia stata sempre valutata e selezionata dalle popolazioni meridionali non in base alle strategie di sviluppo economico e civile, ma per le capacità di indirizzare sul territorio le risorse ministeriali. L’assenza e la scarsa qualità di infrastrutture – di cui ha parlato proprio ieri Raffaele Cantone a proposito del disastro ferroviario tra Andria e Corato collegandolo alla corruzione – ha qui la sua prima radice: la spesa pubblica non è funzionale alle opere ma le opere sono fatte per distribuire la spesa pubblica. Tragico, ma vero. Un altro storico, Emanuele Felice, ha ricostruito il dramma meridionale e nazionale nel testo Perché il Sud è rimasto indietro e ha risposto dicendo che le sue classi dirigenti lo hanno lasciato indietro e si sono inventate l’alibi dell’arretratezza del Sud per colpa del Nord o per colpa dei governi o per colpa degli industriali e attraverso questa comoda “narrazione” hanno assolto se stesse riuscendo perfino a ricavare dai loro alibi altre risorse e altri trasferimenti. Insomma, l’arte di piangere e di fottere.
Qualche tempo fa Piero Craveri – nipote di Benedetto Croce, ottimo studioso anche lui e non certo sospettabile di simpatie leghiste – rilasciò un’intervista al Corriere del Mezzogiorno dicendo: “Le classi dirigenti meridionali sono molto peggiori di quelle del Centronord. Io non esalto il Nord, ma perfino la Lega, che disprezzo per le tesi politiche, ha dei buoni amministratori. Gente che pensa a come far funzionare la comunità. Il problema centrale della classe politica meridionale è invece rafforzare se stessa. E in questo quadro le regioni sono state un fallimento, mi spiace per i padri fondatori del regionalismo”. Insomma, il Sud se è stato fregato o, come dicono i marxisti e i risentiti, sfruttato da qualcuno è stato fregato e sfruttato dallo stesso Sud. Pino Aprile, l’autore del bestseller Terroni, crede invece che il Sud sia stato fregato dal Nord e trasforma il meridionalismo in una specie di ideologia: il sudismo. Ma cosa c’è di più sbagliato e di più comodo del pensare che i drammi civili che ciclicamente colpiscono il Mezzogiorno siano sempre colpa di altri – dei settentrionali, degli industriali, dei piemontesi – mentre il Sud è sempre la vittima innocente e sacrificale? Il Sud oggi è privo di rappresentanza, ma dovrebbe provare almeno a essere onesto con se stesso per non privarsi anche di una veritiera rappresentazione di se stesso.
tratto da Libero
Purtroppo il Sud si è abituato alle briciole pur di simulare di aver potere… Ma questo non vale solo per i politici…è il popolo che non ha orgoglio e propria volontà.