di Giancristiano Desiderio
Quante sono le materie d’insegnamento in un liceo o in un istituto tecnico? Troppe. Si va da un minimo di undici a un massimo di quindici discipline e anche oltre. Dipende dagli indirizzi: se è un liceo scientifico o linguistico, classico o socio-economico, se scientifico sportivo o public speaking (arte della parola) o se si tratta di un alberghiero o una scuola per ragionieri e geometri. Le materie sono talmente tante che a volte nelle classi si arriva al paradosso che il numero degli insegnanti è maggiore del numero degli alunni. Non c’è da stupirsi. La scuola italiana è fatta a immagine e somiglianza del ministero ossia delle professoresse e dei professori il cui numero è il più alto d’Europa anche se nessuno lo conosce con esattezza: nell’anno scolastico 2014/2015 i docenti dell’organico di fatto erano 721.590, ma bisogna aggiungere tutta una serie di varie ed eventuali che portano il numero addirittura oltre il milione. Dunque, qualcosa di più di un esercito. Solo il governo Renzi ne ha assunti oltre centomila anche se non vi sono le cattedre disponibili. Questo, infatti, è un dato certo: il numero dei docenti è superiore al numero delle cattedre. Sarà per tale motivo che il ministero dell’Istruzione, il cosiddetto Miur, si appresta a mettere in cattedra anche le “lezioni gender” e l’ora di educazione sessuale ed omosessuale. Tanto, ormai, il principio è abbastanza semplice e s’ispira a una nota commedia musicale di Garinei e Giovannini – Aggiungi un posto a tavola – rivisitata e adattata alla “buona scuola”: Aggiungi un posto a scuola.
Il problema – serio, molto serio – della scuola italiana non è quello di aumentare le materie d’insegnamento e le ore di lezione ma, al contrario, è quello di diminuire le discipline che vanno, ormai, dall’astrofisica alla zootecnia. Naturalmente, è più facile dirlo che farlo, soprattutto se non lo si vuol fare. Per due motivi. Primo. Perché la scuola superiore di secondo grado – ma, ormai, anche elementari e medie – è una “scuola dottorona” ossia una scuola che concepisce se stessa come un’università: non è per niente un caso che nelle scuole ci siano i dipartimenti che dividono e raggruppano le materie per aree disciplinari. Secondo. Perché è vero che la retorica del sistema scolastico recita che al centro c’è l’educazione dei fanciulli e dei ragazzi, ma nella realtà al centro ci sono i docenti, le cattedre, i diplomi. Bastano questi due motivi per capire perché ogni tentativo di ridurre le ore, le materie, le cattedre è sempre naufragato ancor prima di essere applicato. Allo stesso modo, bastano sempre questi due motivi per capire come ogni iniziativa e ogni idea di aumentare le materie d’insegnamento trovi spalancate le porte del ministero e delle scuole: è nella natura del sistema napoleonico o statalista dell’istruzione italiana ingrassare piuttosto che dimagrire. Conviene a tutti: a chi va in cattedra (docenti), a chi mette in cattedra (governi), a chi tutela le cattedre (sindacati). Non conviene né alle vostre tasche, né a quello che un tempo si chiamava sistema-Paese.
Morale: per introdurre una nuova disciplina bisognerebbe toglierne una vecchia ma nella scuola italiana si usa solo l’addizione e mai la sottrazione. Risultato: alunni e alunne non hanno la mente di Pico della Mirandola e forse anche Pico della Mirandola – non solo un Pico Pallino qualsiasi – avrebbe difficoltà a star dietro insieme a tredici o quindici materie. Così l’idea che nella scuola occorra infilare tutto lo scibile umano è una delle idee più anti-scolastiche che siano mai state concepite. Ma piace tanto a docenti, sindacati, governi.
tratto da Libero del 10 luglio 2016