di Giancristiano Desiderio
Clemente Mastella è stato eletto sindaco di Benevento il 19 giugno. Il 9 luglio (ma il giudizio era già maturo l’8, il 7, il 6 luglio e, forse, anche a giugno e a maggio) è arrivato il primo verdetto di intellettuali e politici: Mastella è responsabile della fine di Città Spettacolo. Troppa grazia, san Gennaro. Come è possibile? Città Spettacolo – la Madonna delle Grazie degli snob – ha una vita più che trentennale, ha avuto direttori artistici di buon livello, è stata concepita dai democristiani, allevata dalla destra, gestita dalla sinistra ma il responsabile della sua fine è l’ultimo arrivato che ancora non ne ha amministrato neppure un’edizione. Mi sembra che il sindaco Mastella goda di un pregiudizio sfavorevole da parte dell’intellighenzia cittadina che, in fondo, non gli perdona nulla, neanche ciò che non si deve far perdonare semplicemente perché non c’entra nulla: le mani sulla Città Spettacolo.
Chi ha affossato Città Spettacolo è la sinistra. Lo sanno anche le pietre del Teatro Romano che più che un teatro stabile è diventato un teatro stabilmente chiuso. Nei dieci anni di amministrazione Pepe-Del Vecchio-De Caro si è raggiunto il minimo storico della politica culturale di Benevento e per Benevento. Il motivo è semplice: il Pd sannita prendeva ordini a Napoli e il teatro beneventano è stato sacrificato sull’altare di partito e sulla priorità della politica culturale che doveva avere al suo centro Napoli. Non si tratta di cominciare la solita solfa del cosiddetto napolicentrismo – argomento usato, ma in modo più avveduto, dallo stesso Mastella – ma di dire che quando era il momento di affidare la rassegna teatrale settembrina di Benevento a un nome importante come quello di Gigi Proietti, furono proprio gli uomini del Pd di Benevento che svalutarono Città Spettacolo lasciando Proietti per accogliere il napoletano Enzo Moscato. Le chiacchiere, come vedete, stanno a zero. A lanciare l’idea di Proietti fu Andrea Massaro – per tanti anni uomo ombra di Lucio Dalla – che fu contattato da Costantino Boffa. Si fecero anche degli incontri ma poi il tutto sfumò, perché? Perché a Napoli, dove si gestivano i fondi, non vollero e l’uomo di Bassolino per la cultura – Dario Scalabrini – di fatto scelse il direttore artistico di Città Spettacolo: Moscato, appunto. A Benevento si obbedì. All’attore romano si diede il benservito e ai beneventani, che avevano accarezzato l’idea della direzione artistica di Proietti – l’attore, peraltro, non voleva la direzione ed era interessato a un laboratorio teatrale sempre attivo – si disse una cosa assurda. Quale? Che il ministro della Giustizia aveva messo il cappello su quella scelta e la cosa non era ormai più gradita. Chi era il ministro? Mastella.
L’ultimo direttore artistico, Giulio Baffi, ha lasciato quando ha capito che ormai non c’era più niente da fare. Se il 19 giugno avesse vinto Raffaele Del Vecchio, quale sarebbe stato il programma di Città Spettacolo? Boh! Nessuno è in grado di dirlo perché l’amministrazione uscente non aveva previsto nulla per mancanza di fondi e mancanza di idee. Se oggi Mastella affida a Renato Giordano il festival beneventano fa ciò che può: di necessità virtù. Se trova i teatri chiusi, le casse vuote, i direttori dimissionari che colpa ne ha? Raccontare questa storiella non è né questione di consenso, né di dissenso, né di conformismo, né di anticonformismo. E’ cronaca. Città Spettacolo non è né trasformata, né trasfigurata, non è né morta, né finita. Città Spettacolo è sfinita. A sfinirla non è stato lo spettacolo nazional-popolare di Mastella ma lo snobismo di massa che in dieci anni non è stato capace di investire in quel lavoro teatrale che fu l’intuizione più giusta e felice del governo Viespoli. Bisognerebbe ricominciare da qui, ma per farlo vanno recuperati anche un po’ di buon senso e di umiltà.