di Giancristiano Desiderio
Più volte Corrado Ocone mi ha confidato l’intenzione di mettere mano a una storia delle idee liberali dal momento che la Storia del liberalismo europeo di Guido De Ruggiero risale, ormai, al 1925. Si tratterebbe, in definitiva, di tratteggiare le idee liberali nella storia del XX secolo che con i nazionalismi, le due guerre mondiali e i totalitarismi è, per dirla con Robert Conquest, “il secolo delle idee assassine”. L’ultimo libro di Ocone – Il liberalismo nel Novecento, Rubbettino – realizza, almeno in parte, la sua aspirazione e lui stesso nell’introduzione ne parla come di “una breve storia del pensiero liberale del Novecento” e individua quelli che per lui sono i cinque campioni o i cinque maggiori rappresentanti del liberalismo. Eccoli: Benedetto Croce, Michael Oakeshott, Friedrich August von Hayek, Karl Popper, Isaiah Berlin. Si potrebbe sostenere che la lettura che si dà dei cinque grandi liberali sia in prevalenza crociana e che sulla base del pensiero di Croce si interpretino anche gli altri autori, ma sarebbe un giudizio fuorviante. Infatti, è vero che le idee fondamentali che accomunano i cinque autori sono la critica al positivismo e la confutazione del determinismo della “filosofia della storia” che proprio Croce compie con la sua filosofia dello spirito fin dal primo decennio del Novecento, ma è altrettanto vero che questa posizione filosofica non è metafisica ma la chiave di volta per opporre la libertà al totalitarismo. Ciò che accomuna i cinque liberali è il carattere anti-totalitario della filosofia.
Il compito principale del liberalismo è custodire il rigore del pensiero, da cui dipende la verità, e l’iniziativa della volontà, da cui dipende la libertà. Nel Novecento questo compito, che altro non è poi che onestà intellettuale, è stato negato proprio dagli intellettuali che hanno tradito se stessi asservendo la verità al potere e, con la scusa di realizzare il paradiso, hanno giustificato l’inferno. Non a caso Isaiah Berlin sul finire dei suoi anni scrisse un “breve credo” intitolato Un messaggio al Ventunesimo secolo – pubblicato da Adelphi qualche mese fa – in cui ancor una volta spiegava che la radice del male assoluto del Novecento risiede nella errata convinzione che ci sia una soluzione a tutti i problemi umani e che nessun prezzo è troppo alto da pagare – nemmeno lo sterminio di massa – per la realizzazione della società perfetta e della pacificazione della natura umana. Il micidiale meccanismo del fanatismo totalitario ha qui la sua origine: nel tentativo assurdo di adeguare ragione e azione e scovare così un sapere assoluto che legittimi un potere assoluto. Sull’altare di questa impostura ideologica sono state sacrificate la verità e la libertà schiacciate dalla forza antieroica degli Stati totalitari che hanno massacrato milioni di uomini e donne per il bene dell’umanità. Il liberalismo, secondo Ocone, sfocia nella filosofia e nella storia, e viceversa? Sì e non deve stupire perché il pensiero come sapere storico si basa sulla concezione vichiana dell’umanità creatrice di se stessa.