Il caso della biblioteca Melenzio è approdato ieri sulle pagine del Corriere della Sera grazie ad un articolo firmato da Gian Antonio Stella.
Nel mirino del giornalista di punta del quotidiano di via Solferino è naturalmente finito il sindaco di Sant’Agata dei Goti, Carmine Valentino, la cui delibera di sfratto è stata definita senza mezzi termini liberticida e insensata.
«E’ peggio di un crimine: è un errore», disse Joseph Fouché dopo aver saputo dell’esecuzione di duca d’Enghien decisa da Napoleone. Ma il sindaco di Sant’Agata dei Goti Carmine Valentino, che è anche segretario del Pd beneventano, non deve aver mai letto quella frase celeberrima. Si sarebbe guardato bene, altrimenti, dal mettere la firma su una delibera che, prima ancora che liberticida, è insensata: lo sfratto dell’unica biblioteca esistente nel suo comune.
Stella ha poi ripercorso la storia della biblioteca e si è soffermato sulle idee politiche del direttore, Giancristiano Desiderio.
Che il giornalista possa non piacere al sindaco è possibile. Ha lavorato con Vittorio Feltri a Libero, con Giordano Bruno Guerri e poi Gennaro Malgieri a L’Indipendente, con Renzo Foa a Liberal e, insomma, di sinistra non è. Ma che c’entra? Cosa c’entra con una biblioteca se perfino il Manifesto, che certo non ha simpatie per il mondo destrorso, ha preso posizione dedicando un articolo alla demenziale decisione di sfrattare la biblioteca accusando il sindaco di essere uno che troppo spesso «rivendica con metodi muscolari l’ultima parola» nel campo della cultura?
Significativa, infine, è la chiusura dell’articolo.
Per dirla con una battuta letteraria: pensaci, Valentino.