di Giancristiano Desiderio
Il Sud sconfitto. E’ questa la tesi di Luigi Ruscello che la sostiene e la dimostra nell’accurato studio La questione meridionale non avrà mai fine (edito da Lampi di stampa). La sconfitta meridionale accade in due fasi: subito dopo la nascita dello Stato nazionale, quando il dualismo territoriale Nord – Sud diventa maggiore di quanto non fosse negli Stati pre-unitari; e nel secondo dopoguerra quando, con la repubblica, si avvia quell’intervento straordinario che prima ottiene dei risultati, negli anni del boom economico, e poi diventa assistenza e clientela mancando l’obiettivo della nascita di una diffusa imprenditoria meridionale. La doppia e storica sconfitta del Sud è senza appello perché, pur nata da condizioni storiche specifiche, è imputabile ai meridionali nella loro doppia veste di governati – la società – e governanti – la classe dirigente. Il Sud riscatterebbe se stesso solo mettendo fine alla questione meridionale che invece non avrà mai fine perché sono gli stessi meridionali che ne alimentano il sistema.
Luigi Ruscello è beneventano ma il padre e il nonno erano natii di Rionero in Vulture che è il paese che diede i natali a Giustino Fortunato. Si può dire, dunque, con un po’ di ironia che Ruscello la “questione meridionale” ce l’ha nel sangue o, se non è questione di sangue, la conosce molto bene e non disdegna – ma lo fa con grande rispetto – di avanzare delle critiche anche al suo “eminentissimo conterraneo”. L’aspetto, del resto, caratterizzante del suo lavoro è l’antiretorica, sia quando tratta dell’unificazione nazionale sia quando considera i risultati della Cassa per il Mezzogiorno. La sua stella polare è l’economia ma allo stesso tempo è consapevole, sulla scorta tanto di Nitti quanto di Einaudi, che con la sola economia non s’intende appieno il dualismo tra Nord e Sud ed è giocoforza far ricorso al malgoverno meridionale e concludere con Bobbio che “la questione meridionale è prima di tutto una questione dei meridionali”. E’ la qualità civile della prosa di Ruscello – la chiarezza con cui espone fatti e cifre – che gli vieta, come un dovere morale, di andare in cerca di dietrologie, complotti e facili consolazioni e rivendicazioni dal sapore sudista. Anche quando la lettura dei numeri smentisce tanti luoghi comuni a danno del Mezzogiorno, Ruscello non accarezza mai il teorema secondo il quale la responsabilità della condizione del Meridione è di tutti tranne che dei meridionali. Ciò che glielo impedisce è una sana coscienza morale che, anche d’istinto o per tradizione, distingue tra la ricostruzione del passato e il dovere del presente.
Tuttavia, qui giunti, si potrebbe capovolgere l’idea dalla quale si è partiti: il Sud sconfitto. Davvero è così? Il Sud è stato conquistato e piemontesizzato. E se, invece, fosse stato il Sud a conquistare per altre vie il Nord? Se alla lunga fosse stato il Sud a meridionalizzare non solo il Nord ma la stessa Italia? Proprio perché l’analisi economica è necessaria ma non è sufficiente, la domanda va posta e il lavoro di Ruscello aiuta a farlo. In fondo, tanto nell’Italia liberale quanto nell’Italia liberata i governi nazionali erano il frutto di una composizione o di un compromesso tra le classi politiche e dirigenti e il consenso elettorale al Sud. E’ qui che la “questione meridionale” incontra la “questione italiana” e le politiche per il Mezzogiorno – nel bene e nel male – acquistano un senso nazionale sia in economia sia in politica. Detto in due parole, la subalternità meridionale è un prezzo pagato sull’altare della politica industriale nazionale con la consapevolezza delle classi dirigenti del Sud che con il consenso hanno garantito stabilità di governo in cambio di risorse e controllo sociale. Questa storia italiana è oggi in gran parte finita. Ciò che ne resta è un Sud abbandonato a se stesso ossia senza una politica nazionale perché il gioco – per dirla con Paolo Macry – con cui si mettevano insieme i pezzi d’Italia in un certo modo non è più possibile e il Mezzogiorno rimane senza uno spirito d’impresa diffuso e con un sistema di clientele in cui il livello di mediazione è così basso da rasentare lo stato di necessità. Il Sud non solo è sconfitto ma, essendo vittima di se stesso, è sconfitto due volte.
gran bello articolo sulla questione meridionale, complimenti a Ruscello e a Desiderio. E’ un articolo che fa piazza pulita sia delle tesi ‘lombrosiane’ che delle esasperate rivendicazioni sudiste. Già 40 anni fa i testi di Capecelatro e Carlo e di Nicola Zitara avevano avviato una riflessione in tal senso: cioè il sottosviluppo come fase organica allo sviluppo nazionale. Grazie dell’articolo.