di Giancristiano Desiderio
Il comune di Benevento e il comune di Sant’Agata dei Goti hanno qualcosa in comune: il fallimento. I due municipi, al di là delle differenze di numeri e di definizioni, sono dissestati. Sia Palazzo Mosti sia Palazzo San Francesco hanno visto all’opera per oltre un decennio il Pd. La dinamica di governo del Pd non lascia spazio ad altro che non sia il Pd. Sia al centro sia in periferia. Benevento e Sant’Agata dei Goti sono casi esemplari.
Da qualche mese il comune santagatese è retto con l’istituto prefettizio. Il commissario Valiante qualche settimana fa ha assunto una decisione importante: ha di fatto rivisto il contratto con la società Gesesa per la fornitura dell’acqua e, soprattutto, per la riscossione delle bollette stellari. L’affidamento del servizio idrico non dovrà andare oltre il 30 giugno 2016, mentre l’amministrazione Pd lo aveva consegnato alla Gesesa per venti lunghi anni. La decisione era stata voluta fortemente – e a tambur battente – dal Pd santagatese e dal Pd beneventano e a nulla erano valse le ragioni dell’opposizione che privilegiava legge e buon senso. E’ stata ristabilita un po’ di decenza.
Altra decisione importante riguarda il bilancio: il commissario, confermando che il comune santagatese è in stato deficitario, ha messo mano al piano di riequilibrio con l’accesso al fondo di rotazione altrimenti non si poteva avviare la necessaria e straordinaria fase di risanamento delle finanze comunali. Detto in altre parole: il comune è fallito e per amministrarlo servono soldi che vengono anticipati e poi restituiti in dieci anni. Naturalmente, il tutto ha un costo: tasse e tariffe al massimo, probabile alienazione dei beni patrimoniali, individuazione di personale impiegatizio in eccedenza, riduzione e revisione della spesa e varie ed eventuali. Come capiscono anche i bambini, il Pd ha portato il comune al dissesto finanziario e non è stato neanche capace di assumersene la responsabilità.
E’ la conferma di quanto diciamo da tempo in modo documentato: il comune di Sant’Agata dei Goti – come il comune capoluogo – ha prima di tutto bisogno di essere ricostruito nella prassi amministrativa per tutelare l’interesse delle famiglie, delle aziende, delle associazioni santagatesi che il Pd ha mortificato nel portafogli e nell’anima. I cittadini hanno l’obbligo di riprendersi il comune. Non è un’azione anti-politica ma, se si vuole, pre-politica per ristabilire le regole del gioco e la libertà della convivenza civile. Ma, al punto in cui siamo, le definizioni contano zero. Ciò che vale è il ricambio di persone e la fine di un potere locale tracotante e parassitario.
Le noterelle politiche che scrivo su queste pagine sono delle semplici cronache di fatti e storie di cui sono testimone. Ho davanti agli occhi quella che gli studiosi chiamano “questione meridionale”, ma la questione meridionale altro non è che una “questione comunale” – e via via una “questione provinciale” e una “questione regionale” – in cui la classe politica ha praticato il suo sport preferito: l’occupazione sistematica degli uffici pubblici e l’intercettazione della spesa. La storia di fine secolo del Mezzogiorno è per larga parte la vicenda di un nuovo feudalesimo. Davanti ai miei occhi ho le figure di una piccola e media borghesia che, al contrario di quanto avviene in Europa e nel nord Italia, è interamente dipendente dallo Stato e dai suoi poteri e l’unica sua ambizione tramandata per interesse e abitudine è il controllo di enti, uffici, servizi, carte. Il mandato politico del Pd è in linea con questa tradizione: trasformare tutti in camerieri. Mi sembra che ci sia un solo modo per cambiare un po’ le cose: non essere camerieri.
“Piazza Municipio” a Sant’Agata dei Goti nasce con i cittadini che prendono in mano la loro vita e mandano a casa il Pd che ha portato il comune nel burrone del Martorano.