di Billy Nuzzolillo
Il sindaco di Cerreto Sannita, Pasquale Santagata, negli ultimi mesi ha scoperto l’ebbrezza del consenso via social network. E così, dopo aver iniziato una personalissima battaglia contro migranti e bivacchi, ha esteso il suo raggio d’azione anche alle questioni amministrative. Nel frattempo, però, l’ente da lui guidato si è visto costretto a dichiarare il dissesto finanziario.
Dunque, oltre che per essere stato il sindaco che ha subito lo smacco della chiusura dell’ospedale Maria SS. delle Grazie, Santagata verrà ora ricordato anche per essere stato il sindaco che ha certificato amministrativamente il fallimento di Palazzo S. Antonio.
Il dissesto finanziario non nasce dall’oggi al domani e non è ovviamente attribuibile solo a coloro che hanno amministrato la cittadina nell’ultimo periodo, ma sul piano delle responsabilità politiche investe anche coloro che li hanno preceduti.
C’è un dato incontrovertibile, sempre sul piano politico, che va però evidenziato: il sindaco uscente (e non più ricandidabile) Santagata, assieme all’ex parlamentare forzista Antonio Barbieri, è stato il politico che per maggiore tempo ha rivestito le massime cariche amministrative a Cerreto Sannita nell’ultimo quarto di secolo. Vicesindaco dal 1999 al 2000 con Francesco Gagliardi, è stato poi ancora vice di Antonio Barbieri dal 2004 al 2009 per poi assumere la carica di sindaco nel biennio 2009-2011 e nel quinquennio successivo. Insomma, ha trascorso ben tredici anni ai vertici di Palazzo S. Antonio.
Conseguentemente, sarebbe stato logico aspettarsi che Santagata, vista anche l’improvvisa svolta social, spiegasse meglio cause e responsabilità del fallimento finanziario del comune di Cerreto Sannita anche attraverso Facebook, mentre invece ha preferito utilizzare l’innovativo strumento di comunicazione per dedicarsi a migranti e bivacchi e iniziare anzitempo una campagna elettorale contrassegnata dallo slogan “Cerreto… la città nuova”.
Insomma, un po’ De Luca e un po’ Renzi. Una sorta di sinistroso ritorno al passato poiché il sindaco di Cerreto in età giovanile, prima ancora di migrare nella Dc (che controllava ferreamente la sanità) e approdare infine nel centrodestra, militò per qualche tempo nel vecchio Partito comunista. E di quella esperienza politica ha conservato inconsciamente alcuni tratti di massimalismo che emergono qua e là, soprattutto quando manifesta fastidio avverso ogni forma di dissenso.
E così, per colpire chi manifesta opinioni diverse dalle sue su Facebook, scrive post con chiare allusioni a vicende familiari o professionali e ricorre persino a velati insulti nel tentativo di delegittimare l’interlocutore. In pratica, il vecchio e deprecabile vizio comunista, utilizzato disinvoltamente nell’ultimo ventennio anche da chi dell’anticomunismo ha fatto la propria bandiera e aggravato da uno stile a dir poco inelegante.
Nulla di nuovo sotto il cielo, insomma. Il problema, però, è che la trasposizione sul piano locale di certe pratiche, e il conseguente utilizzo dei social network per attuarle, può diventare estremamente pericoloso (oltre che imbarazzante) proprio per la dimensione localistica della contrapposizione.
Può capitare, infatti, di incrociarsi per strada qualche ora dopo un’animata discussione sui social network e magari la rabbia accumulata in precedenza non sia stata ancora completamente smaltita. Ma c’è anche un ulteriore dato da tener presente: la dimensione localistica della contrapposizione finisce per coinvolgere, loro malgrado, anche persone che hanno scarsa dimestichezza con il mezzo utilizzato e ignorano, ad esempio, che la diffamazione attraverso i social è parificata a quella a mezzo stampa ed è quindi più grave rispetto ad un’analoga situazione che si verifichi, ad esempio, in piazza o al bar.
Di qui, l’invito affinchè si torni a discutere serenamente e soprattutto ai compagni di viaggio del sindaco uscente affinchè facciano desistere il loro leader da un uso così disinvolto dei social. Insomma, salvate l’ex compagno Santagata.