di Antonio Medici
L’appassionato di vino, colui per il quale il vino è un mezzo per conoscere storia e storie, terre e terreni, vite e viti, ha da frequentare abitualmente un’enoteca. Un luogo in cui da un calice di vino si dipanano racconti che attraversano il tempo e da un passato prossimo o remoto, attraverso radici, vendemmie, uomini, cantine, amori, controversie, guerre, giungono all’attualità, terminando in un finale che contiene sempre un pensiero universale. E ciò che c’è di più grandioso è che è sempre un fatto casuale a dare la stura al tappo e liberare il filo bianco o rosso del racconto.
Un amico lascia in dono in enoteca una bottiglia e a distanza di tempo ne scaturisce una sfida che rivela caratteri di vignaioli e vigne.
Lunghi mesi di attesa e dilemmi prima che giunga il giorno del Fiano di Avellino, Ciro Picariello, annata 2009, il regalo inatteso che attendeva in frigo di esser stappato. Del resto le bottiglie più preziose, per il valore presunto del vino (non si sa mai cosa vien fuori anche dalla più blasonata delle etichette) e reale del sentimento correlato (ad ogni bottiglia corrisponde sempre un momento di umanità), sono, sinché non siano aperte, degli inviti alla riflessione, alla saggezza, pongono un sempiterno dubbio: è il momento giusto per stappare o piuttosto è giusto attendere una gioia più grande da celebrare, una tristezza più profonda da alleviare?
Si stappa e il primo impatto è sconvolgente, un vino prodotto con schiettezza e fatica, seguito personalmente da Picariello agronomo ed enologo di se stesso. Pare un filo d’oro zecchino quello che ai margini interni del calice contiene il consistente liquido giallo paglierino deciso e vivace. Profumi intensi dominanti i legnosi, poi minerali e fruttati, nessun segno di cedimento al tempo. All’assaggio un’acidità che pare ancora spiccatissima sorregge aromi corposi e violenti di frutta bianca e gialla, di pompelmo, di nocciole e altri frutti a guscio appena tostati. Al secondo bicchiere il freddo ha ceduto ad una temperatura più mite che meglio esalta la polposità di questo straordinario vino: l’acidità ora più lieve lascia spazio ad una appagante ed ancora croccante pesca gialla, la sapidità fa da contraltare al dolce della frutta, intrecciandosi, in un lunghissimo finale, a piacevoli quanto robusti aromi sempre legnosi di gusci e bucce di frutti di alberi da bosco.
La pienezza sorprendente ed appagante di questo vino richiama al dovere del confronto e della sfida. Vengono fuori dal deposito dell’enotecario saggio il Fiano 2009 di Guido Marsella e il Bechar (sempre da uve Fiano, sempre 2009) di Antonio Caggiano.
I vini parlano e fanno parlare, dicevamo, terreni e produttori. Si stappa ancora. La bottiglia snella e alta, collo slanciato (purtroppo oggi Marsella non le usa più), richiama la silhouette di una donna snob, elegante e raffinata, altera, anticipa il carattere del vino. La mineralità completata da profumi e sapori legnosi appena fumé, ritrovati nel vino di Picariello, si ripete in Marsella ma con diverse intensità e ricchezza, il che spiega la diversa personalità dei vignaioli. Il colore è più tenue, i profumi sono gli stessi ma più misurati ed anche in bocca c’è maggior finezza che però asseconda una maggiore complessità (più frutti, più mineralità, fragranze anche floreali, gusci più freschi) come si addice, appunto, ad una donna altera. Il Fiano di Marsella è raffinatezza, lussuria sussurrata, fascino del decolleté profondo, Picariello offre, invece, voluttà; entrambi regalano armonia e piacere.
Il Bechar di Antonio Caggiano, ben più noto per i suoi rossi, accusa il peso del tempo; svanita ogni traccia di freschezza che pur doveva esserci, il colore è appesantito, la frutta ha perso ogni fragranza, dei minerali labili tracce. Stappato, insomma, nel suo ultimo tratto lo si trova vivo ma senza più forza per parlare. Sorsi effimeri.
Resta unanime una conclusione: il Fiano di Avellino è uno dei più grandi bianchi d’Italia.
Azienda Agricola Ciro Picariello
Via Marroni, 18 – Summonte (AV)
Guido Marsella
Via Marroni, 1 – Summonte (AV)
Cantine Antonio Caggiano
Contrada Sala, 4 – Taurasi (AV)