di Antonio Medici
La Domiziana, la strada strada che ci raccontano e ci raccontiamo essere ricettacolo di degrado ambientale ed umano con le sue violenze, la prostituzione l’immondizia è quasi un luogo esplicativo di quello che Papa Francesco sostiene nella sua ultima enciclica “Laudato si’”: l’ambiente umano e l’ambiente naturale si degradano insieme. Nello stesso testo il Sommo Pontefice scrive anche: è ammirevole la creatività e la generosità di persone e gruppi che sono capaci di ribaltare i limiti dell’ambiente, modificando gli effetti avversi dei condizionamenti, e imparando ad orientare la loro esistenza in mezzo al disordine e alla precarietà. Per esempio, in alcuni luoghi, dove le facciate degli edifici sono molto deteriorate, vi sono persone che curano con molta dignità l’interno delle loro abitazioni, o si sentono a loro agio per la cordialità e l’amicizia della gente. La vita sociale positiva e benefica degli abitanti diffonde luce in un ambiente a prima vista invivibile.
Questi passaggi mi sono balenati in mente lasciando la Domiziana all’altezza di Mondragone per inerpicarmi, il verbo per la verità è esagerato atteso che il pendio è dolce e ciò che è ardito è chiamar monte questo bellissimo ed aspro rilievo che raggiunge gli ottocento metri sul livello del mare, lungo il fianco del Monte Massico, verso Falciano.
La via scorre tra ordinati e bellissimi filari di viti già carichi di uva matura (quest’anno si prepara una gran vendemmia) stretti tra il mare, la cinghia asfaltata, i pini ed il rilievo calcareo tufaceo. Enormi ulivi con i tronchi annodati, intrecciati, caotici ma ordinati alla bellezza, di tanto in tanto punteggiano i campi, spingendoci a pensare ad epoche remote ed a ritrovare i segni della grandezza dell’impero Romano. Vite e olivo.
E’ il cuore dell’Ager Falernus, il meraviglioso campo che la leggenda vuole donato da Bacco ad un contadino generoso, in cui si produce il Falerno, il vino più quotato all’epoca dei romani, come ben racconta, con amore e passione, Giovanni De Stasio nel suo testo “Immortale Falernum”, ricco di aneddoti e riferimenti storici di grande pregnanza. Se si pensa che la classificazione dei vini di Bordeaux avveniva in base al prezzo di vendita, ritenendo che esso esprimesse l’apprezzamento dei mercanti e quindi la qualità dei vini, si comprende come effettivamente il Falerno dovesse essere un premier cru dell’epoca.
Falciano del Massico è un paesino, ultimo centro abitato di questo versante del monte; il centro moderno si dipana lungo un corso stretto tra palazzi ed assillato dalle automobili, come si addice alla sventatezza contemporanea; scartando verso la parte storica i basalti prendono il posto dell’asfalto e la quiete dei vecchietti innanzi le abitazioni restituisce identità paesana. L’ultimo edificio abbarbicato su questo versante del monte è la cantina Regina Viarum.
La signora Elda accoglie con grande cordialità nonostante una certa ritrosia a condividere appieno la cantina: impossibile degustare in cantina il vino inbottigliato. Una vera anomalia, fastidiosa ed imperdonabile. Non fosse per il fascino della terra, della roccia circostante, del tralcio di vite nato spontaneo dalla terra sottratta alla coltivazione per la costruzione della cantina, avremmo abbandonato il campo ed i racconti della padrona di casa: “il vino che faceva mio nonno lo prenotavano per i matrimoni che allora erano sfarzosi e solo quello che restava veniva venduto agli intermediari”. Il ciclo della vite ha segnato la vita della famiglia, “io e tutti i miei fratelli ci siamo sposati a ottobre, il mese in cui nostro padre non era impegnato in vigna”.
Più giù e sull’altro versante del monte i terreni più sabbiosi rendono impossibile la coltivazione del primitivo ed il Falerno, unica Doc che ammette due vitigni base, è prodotto a partire da uve Aglianico. Anni fa Michele Moio, padre dell’insigne professore ed enologo Luigi, mi narrò con impeto e rabbia dello scippo realizzatosi con il disciplinare, ritenendo che il Falerno autentico si producesse da uve Primitivo.
Abbiamo degustato il vino base dell’azienda Regina Viarum, l’annata 2012 dello Zer05. Primo impatto di dolcezza e morbidezza con note fruttate, di spezie dolci e di ciliegia sciroppata soppiantato da una certa asprezza, sia al naso che al palato, con inconsueti sentori vegetali e un tannino che pare ancora immaturo. Lo spettro olfattivo e gustativo consente di recuperare un po’ di complessità che non sembrava manifestarsi alla vista per via di una debole consistenza.
Regina Viarum (azienda biologica)
Via Vellaria, Ia traversa
Falciano del Massico
0823 931299
Falerno del Massico DOC Zer05 € 11