Mentre si discuteva sulla Grecia e sul suo salvataggio, il Mezzogiorno d’Italia scivolava via sul Mediterraneo come un gigantesco barcone di naufraghi. Ci risiamo: il Sud è talmente Sud che – avverte il rapporto Svimez – continuando ad impoverirsi economicamente e umanamente è destinato, anche con una nuova crescita, ad un “sottosviluppo perenne”. Come dire che anche quando si uscirà dalla crisi il Sud sarà sempre in crisi fino a restarci, in una situazione di paradosso, stabilmente. Tuttavia, questo Sud che è sempre in crisi – “sottosviluppo perenne” – non affonda mai del tutto, non va giù mai definitivamente. Forse, perché il Sud ha in sé il sottosud.
Il sottosud è il Sud sotto il Sud. Una sorta di sotterraneo o di catacomba in cui si svolge una vita più vera di quella che si vede in superficie. Come se il retroscena fosse più vero della scena o, meglio, come se la scena fosse solo una messa in scena: una recita. C’è, insomma, uno scantinato o un sottoscala in cui si producono le cose visibili che salgono e scendono dalle scale. Uno di questi sottosuoli meridionali, ad esempio, sono i tanti opifici del lavoro sommerso che sono un’economia parallela all’economia ufficiale. Anche il lavoro sommerso oggi è meno sommerso di ieri: anche il lavoro nero – con i suoi vari colori di pelle bianca, nera, gialla – è in crisi e la sua crisi alimenta le nuove ondate di emigrazione meridionale. Un altro fiume carsico meridionale è il sistema dei partiti – partiti che ormai non esistono più mentre è sempre in vita il loro sistema operativo – che Nicola Rossi ha definito “associazioni a scopo di lucro”. In superficie vi sono le grandi teorie e i massimi sistemi, nel sottosuolo vi è l’occupazione degli uffici pubblici a ogni livello al fine di intercettare la spesa e spenderla secondo fini clientelari. Il novanta per cento dell’economia meridionale dipende da questo sistema che potremmo definire di “statalismo meridionalizzato”.
Il sottosud è molto più grande del Sud. Lo si può immaginare come un iceberg: per quanto sia grande la parte emersa, la parte sommersa lo è molto di più. Basti considerare che nel sottosud cresce e prolifica la criminalità organizzata che mettendo insieme crimine e organizzazione è in grado non solo di controllare il Sud ma anche di porre se stesso come un Anti-Stato con il quale lo Stato è in uno stato di guerra permanente con tutto ciò che ne consegue: battaglie, fasi di stanca, accordi, nuovi scontri.
Il sottosud è talmente vasto e pervasivo che la stessa “questione meridionale” è stata usata dalle classi dirigenti meridionali per indirizzare al Sud un po’ di tutto – soldi, industrie, enti – in cambio del consenso elettorale. Uno scambio nazionale su base locale che per molto tempo ha determinato le politiche per il Mezzogiorno e i governi romani. Una specie di paradosso dei paradossi perché gli strumenti ideati dalla coscienza della “questione meridionale” per risolvere la “questione” sono ben presto caduti nel sottoscala o nel sottosuolo con il risultato che la stessa soluzione è diventata uno strumento di accrescimento della “questione meridionale”. Con la fine della “questione meridionale” – e soprattutto con la fine di tante altre cose: Pci, Dc, Novecento – è cessato o si è drasticamente ridimensionato lo scambio tra voti e risorse e il Sud per stare a galla si è sempre più appoggiato al sottosud.
Ora sembra che si assista a una sorta di “ritorno del Mezzogiorno”: dopo il tempo della “questione settentrionale” di stampo leghista, dopo l’esigenza (fallita) delle riforme, dopo tante cose andate male ecco che si riaffaccia nientemeno che la “questione meridionale” e i governatori – tutti di sinistra – da Emiliano a De Luca si fanno sentire in nome del Sud. Quegli stessi governatori che o sono tentati dal sudismo – un leghismo rovesciato – o sono tentati dal partito del Sud sotto il collante nazionale del Pd ma che ad ogni modo essendo a capo delle Regioni rappresentano non la soluzione ma una delle cause/effetto del problema meridionale. Si ritorna a parlare di infrastrutture, di un ministro per il Mezzogiorno, di qualchecosa ossia di politiche ed interventi straordinari e ordinari che hanno come origine e come fine non il Sud ma il sottosud in cui il Sud è sfruttato dalle classi dirigenti meridionali per alimentare il sottosud.