Il “caso Maffettone” è la riedizione, riveduta e non corretta, del classico cortocircuito tra filosofia e politica andato in scena nel Novecento. Un pasticcio, se non un pasticciaccio, che ha causato tragedie ma quando la storia si ripete prevale, per fortuna, come diceva Marx, la farsa o, per usare la parola napoletana scelta da Polito, la pazziella. Il “consigliere speciale per la cultura” è una figura ibrida che nasce da un tipico equivoco intellettuale che può essere reso al meglio parafrasando il noto detto sessantottino: il pensiero al potere. Il filosofo che s’impegna in politica ha sempre un po’ la presunzione di farlo non a titolo personale ma in nome della verità o del pensiero. Non sarà il caso di Sebastiano Maffettone, che peraltro da buon napoletano ha un vivo senso dell’ironia che lo difende da eccessi e ridicolaggini, ma è un fatto che la scelta del presidente De Luca di non nominare un normale assessore alla Cultura e di avere al suo fianco un intellettuale in veste di consigliere abbia creato confusione e rinverdito l’equivoco delle relazioni pericolose tra verità e politica del tempo andato del goffo Rinascimento napoletano.
Che tutto ciò poi avvenga nella Napoli di Croce è motivo di stupore più che di scandalo. Se, infatti, ci fu un filosofo che sempre deprecò la confusione tra filosofia e politica, questi fu Croce il quale sapeva molto bene che compito del pensiero non è quello di servire il potere ma, all’inverso, di criticarlo al fine di limitarlo e contenerlo nella sfera pratica che gli appartiene per costituzione. E’ più che legittimo che un filosofo o un professore di filosofia “scenda in campo”, tuttavia il suo impegno in politica e in amministrazione sarà fatto non in quanto filosofo o professore ma in quanto cittadino. Allo stesso modo, è legittimo che un politico, sia esso un capo di governo o un presidente di regione, scelga come ministro o assessore un filosofo o un autorevole professore, ma con l’avvertenza che la scelta non è fatta per arruolare la verità o la cultura ma più semplicemente per riconoscere fiducia ad una personalità che nei pratici fatti di governo dovrà dimostrare di sapersela cavare. Proprio come se la cavò Croce ai tempi dell’ultimo governo Giolitti quando, avendo assunto l’incarico di ministro dell’Istruzione, si sentì dire dallo scettico e pratico Giolitti: “Quanto buon senso ha questo filosofo”. Invece, nel “caso Maffettone”, che in realtà è un altro “caso De Luca”, proprio il buon senso, oltre all’assessorato, è il grande assente.
tratto dal Corriere del Mezzogiorno del 17 luglio 2015