di Antonio Medici
Aver notizia ed opportunità di partecipazione ad incontri di degustazione riservati a coloro che, con agghiacciante linguaggio, sono definiti operatori del settore è uno dei pochissimi privilegi dello scrivere cronache enogastronomiche indipendenti.
Mi è capitato appunto un paio di settimane fa di partecipare ad uno di questi happening pullulanti di agenti, enotecari, ristoratori, che assaggiano vini, formaggi, salumi per classificarli in base ad un codice imperscrutabile. Usano algoritmi segreti per ponderare gli elementi sensoriali (vista, olfatto e gusto) con un set personale di indici commerciali. Paiono confrontarsi e discutere, in realtà studiano. In fondo quegli algoritmi sono la strategia attraverso cui ciascuno cerca di costruire il proprio successo, talora riuscendoci, talora no.
Il cronista osserva incuriosito e divertito e si muove con spensieratezza, l’abbiam confessato al primo rigo che questi incontri costituiscono privilegio, tra banchi, bottiglie, sommelier cortesi, splendide bottaie, vetrate aperte sul giallo della terra, sul verde delle viti, sul blu immenso del cielo.
A Paternopoli i Fonzone, apprezzati medici, caudini di origine e napoletani d’adozione, hanno realizzato, evidentemente supportati da intelligenti architetti, una cantina per lo più ipogea che si apre sui pendii dolci coltivati a vigneto, con panorami mozzafiato. In questo contesto fascinoso la HERES, distributrice di vini nazionali ed internazionali, ha organizzato una tappa del suo tour-degustazione.
In una sala rossa, cupa, ammezzata e quasi nascosta la sommelier bella e compiacente con la stampa, sul finire della serata, indica l’adito per la costa della notte, stellata e magica, verso il paradiso, la terra dei santi.
“ E mi fu accordata per la prima volta quell’indescrivibile esperienza che giunge quando l’aroma di una grande vendemmia aleggia sopra il bicchiere e le labbra tremano per l’attesa, come sul punto di un bacio fatale.” Espone l’etichetta e mesce il Vosne – Romanée del Domaine d’Eugenie. “Stavo per innamorarmi, non di un sapore, di una pianta o di una droga, ma di un pezzo di Francia da venerare.” Si insegna che l’esame del vino segue un percorso sensoriale che parte dalla vista, si arricchisce con l’olfatto, si completa con il gusto. Vero, verissimo nel mondo dell’ordinario. Quando si ha a che fare con lo straordinario ed il sovrannaturale, però, è in bocca che si realizza il sogno, si rappresenta il miracolo, si srotola la pellicola della storia. “Da quel momento della mia caduta sono sempre stato un terroiriste, uno per cui il primo ingrediente di una bottiglia è il suolo. Per suolo non intendo una mescolanza fisica di calcare, crosta superficiale e humus. Intendo il suolo come l’avrebbero descritto Jean Giono, Giovanni Verga o D.H Lawrence: la balia delle passioni, la scienza, il dramma, l’habitat delle divinità locali. Le deità da cui prendono il nome i paesi francesi sono le guardiane dei vigneti”. Vosne faceva parte del priorato di Saint Vivant e l’abbazia, governata da monaci benedettini, ricevette in donazione, come d’uso frequente in epoca medievale, le vigne più pregiate. Definire con le classificazioni codificate dalle principali associazioni dei sommelier le sensazioni gustative del vino di queste terre suonerebbe sacrilego, dunque, un’offesa a Dio prima che al vino stesso. Basti sapere che lo spirito, anche di un ateo, ne è rinvigorito, la mente esaltata, il corpo vivificato, un sorso è un resoconto di storia e geografia. Croci di pietra, velluti di muschio gentile, frutti fragranti e saporiti calati da sapienti mani monacali, magniloquenza di un testo antico di storia medievale. Vino, Borgogna, sacralità.
Azienda Agricola Fonzone Caccese
Località Scorzagalline, Paternopoli (AV)
www.fonzone.it
Heres
www.heres.it
“Bevo dunque sono – guida filosofica al vino”