Il rapporto tra il potere temporale e il potere spirituale è pensato in termini classici come il conflitto tra lo Stato e la Chiesa. Le due istituzioni vanno distinte e separate perché insieme non possono stare: la Chiesa non può detenere il potere temporale altrimenti diventa una teocrazia e, a sua volta, lo Stato non può attribuire a sé il potere spirituale altrimenti diventa una dittatura. Ma il conflitto tra i due poteri non riguarda solo due istituti reali: fa parte, invece, della nostra stessa vita ed è un conflitto ideale che l’attraversa e costituisce. Noi stessi come individui e come società siamo il frutto di questo conflitto.
Per molto tempo il conflitto tra i due poteri ha preso la forma storica dello scontro tra Stato e Chiesa. La storia europea è in larghissima parte la storia dei rapporti tra Stati nazionali e Papato. Una storia dalla quale rimase esclusa per almeno due secoli l’Italia la quale quando rientrò nel gioco della storia europea entrò inevitabilmente in conflitto con la Chiesa e raggiunse l’unità nazionale non grazie alla Chiesa ma contro la Chiesa. Pensare, dunque, il conflitto tra il temporale e lo spirituale come il rapporto più o meno chiaro tra Stato e Chiesa è quasi naturale. Tuttavia, oggi il conflitto tra i due poteri non sta nel rapporto tra i due istituti – laico lo Stato, religioso la Chiesa – ma passa tutto dentro lo Stato. E’ lo Stato che ha in sé il conflitto tra il temporale e lo spirituale e lo vuole comporre in due modi: sottoponendo lo spirituale al temporale o lasciando che sia lo spirituale a chiedere i benefici della protezione temporale. Il conflitto ideale tra temporale e spirituale assume oggi la forma storica del rapporto tra Stato e Scuola.
Sulla scuola è in corso una battaglia. Ma è una battaglia strana. Entrambi i contendenti sono nello stesso campo di battaglia: lo statalismo o la conquista del potere statale al fine di esercitarlo su larga parte della società. Da una parte c’è il governo che ritiene di poter adottare alcuni provvedimenti, dall’altra ci sono i sindacati che si oppongono. Il governo ritiene di dover intervenire perché pensa la scuola come una sorta di agenzia o prolungamento del ministero dell’Istruzione alla quale, peraltro, ora vorrebbe concedere autonomia perché non ce la fa più ad amministrare tutto il sistema. I sindacati si oppongono perché quei provvedimenti vanno a limitare proprio la loro presenza nella scuola che lo stesso governo – cioè la storia dei governi repubblicani – ha non solo concesso ma anche incentivato. Insomma, la scuola è affare loro, del governo e dei sindacati. Tant’è che in uno dei provvedimenti – quello dell’assunzione di massa di 100mila professori – il governo e i sindacati non sono divisi dal merito ma solo dal modo e dai numeri.
Ma se i due contendenti appartengono allo stesso campo di battaglia, allora, come mai non si incontrano e si scontrano? Perché è cambiata la maggioranza parlamentare. Fino ad oggi i sindacati – possiamo dir così – erano in maggioranza o avevano una grande capacità di influenza perché la sinistra era del tutto schierata sulle loro posizioni. Le cose, però, sono cambiate e al momento non solo non c’è corrispondenza tra maggioranza parlamentare e sindacati ma neanche tra sinistra e sindacati. Lo scontro, dunque, è inevitabile. Si tratta, però, di uno scontro che ricade tutto dentro la sfera del potere temporale, mentre la scuola per sua natura appartiene all’altro potere: lo spirituale. Che fine farà?
La scuola farebbe una brutta fine se non fosse già finita da un pezzo. Ad ogni cambio di governo e di maggioranza politica si assiste ai vani tentativi di riforma. La scuola è in balia dei cambi di maggioranza ma in un paese minimamente civile e con un poco almeno – almeno un poco – di cultura liberale e libera la scuola sarebbe sottratta allo scontro tra maggioranze parlamentari. E a rivendicare a gran voce il rispetto e l’autonomia del potere spirituale sarebbero i professori e gli studenti che, invece, in Italia scendono in piazza per invocare il potere temporale dello Stato affinché difenda il potere spirituale – la cultura – dalla sua connaturata libertà. Non siamo neanche più un paese illiberale, siamo un paese ridicolo.