La vita mentale scorre via con naturalezza fino a quando non ci mettiamo in testa di capire come funziona. E’ qui che nasce l’idea irresistibile di ritenere che il pensiero sia una funzione del cervello. Come la vista è la funzione dell’occhio, come l’udito è la funzione dell’orecchio, come l’olfatto è la funzione del naso, così s’immagina che il pensiero sia la funzione del cervello. Come il pesce piscia, così il cervello pensa. A volte, effettivamente, accade; ma in tal caso non abbiamo davanti una testa pensante ma una testa di cazzo. In realtà, è più facile che il cervello sia una funzione del pensiero, piuttosto che il pensiero una funzione del cervello. E se è vero che non si pensa senza cervello, è altrettanto vero che non si pensa senza l’oggetto del pensiero e il cervello – ecco la sua funzione sensoriale – ha come compito specifico di legare il pensiero alla vita reale. I due così – vita e pensiero – diventano ciò che sono: vita pensante e pensiero vivente.
La neurologia è una delle scienze più importanti del nostro tempo. I neurologi in poco tempo hanno scoperto una cosa fondamentale: ossia che del cervello umano ne sanno molto poco. Quando i neurologi fanno la loro socratica ammissione di dotta ignoranza, io non faccio fatica a credere alle loro parole. Per almeno due motivi: perché li ho visti all’opera e ho imparato che effettivamente sanno di non sapere come funziona il cervello e soprattutto sanno di non sapere perché non funziona; e perché, forse, come diceva il cantautore, non c’è niente da capire. La cosa più importante che devono capire i neurologi è come evitare l’errore – che è una deformazione professionale – di ridurre il pensiero alla sua macchina. La vera vita pensante, infatti, non è quella che si svolge dentro il cervello bensì quella che opera fuori dal cervello o tramite i cervelli. La vita pensante – o la vita e basta – non è cervellotica ma, semmai, è scervellata.
Vi sarà senz’altro capitato di assistere in televisione ad un concerto sinfonico. Immaginate di farlo ora e di togliere, però, l’audio al televisore. La scena che avete davanti agli occhi è quella del direttore d’orchestra che con i movimenti di bacchetta dirige i musicisti. La scena è muta cioè senza musica sinfonica e in questo mutismo mimetico i movimenti di bacchetta del direttore sono proprio il cervello. Noi possiamo anche guardare dentro il cervello ma ciò che vediamo se ci affacciamo sul cervello sono i movimenti di bacchetta senza la musica che, invece, è propriamente il pensiero o la nostra più vasta e complessa vita spirituale. L’immagine del cervello come di un direttore d’orchestra che mima ciò che deve essere fatto per ottenere la sinfonia musicale non è mia ma di un grande filosofo come Henri Bergson che nel 1913 tenne a Londra in qualità di presidente della Società per la Ricerca Psichica il discorso Fantòmes de vivants et recherche psychique ora pubblicato da elliot con il titolo Fantasmi.
Un discorso brillante, accattivante, elegante, almeno quanto sapeva essere affascinante Bergson. Ma soprattutto un discorso razionale sui fenomeni paranormali in cui l’unico fenomeno paranormale alla fine è quell’idea folle di studiare il cervello per trovarvi dentro, come in un calco, la vita mentale con le localizzazioni del pensiero, del ragionamento, del giudizio. Come se la vita mentale fosse la secrezione della vita cerebrale. Mentre la vita mentale è molto più ampia della vita cerebrale il cui compito come organismo è quello di muovere il corpo e sentirlo. Il cervello – è la bella definizione di Bergson – è l’organo dell’attenzione alla vita. La vita attenta orienta il pensiero verso l’azione, tocca terra e riparte. La vita mentale in fondo è un circolo che va dalle appetizioni alle intuizioni dal pensiero all’azione e ripete, finché dura nella vita individuale, il circolo vitale-spirituale. Non solo non è possibile ridurre il pensiero al cervello ma neanche la vita al pensiero. Tanto il cervello quanto il pensiero sono affacciati su altro. La vita è scervellata per natura.