di Billy Nuzzolillo
C’è un aspetto inquietante che emerge dall’inchiesta effettuata dal collega Antonio Crispino per contro del Corriere.it sul servizio mensa delle scuole di Benevento ed è quello relativo al rapporto tra istituzioni e giornalisti.
Il comandante del corpo di Polizia Municipale, Giuseppe Moschella, in un fuori onda furbescamente registrato dice al giornalista: «Non mi ha fatto nemmeno una domanda che interessava a me, a casa mia… La prossima volta concordiamo le domande altrimenti non la ricevo. Gli altri giornalisti così fanno, lei mi sta sorprendendo».
La frase, ovviamente, apre uno squarcio inquietante sullo scenario e sulle dinamiche attraverso cui si svolge la professione giornalistica a Benevento, ma soprattutto proietta a livello nazionale un’immagine negativa del giornalismo sannita e di quello di provincia più in generale.
Che la città di Benevento, come il resto del Paese, non sfugga al crescente asservimento della stampa al potere politico e soprattutto economico è evidente, non si discute, così come è palese che alcuni colleghi abbiano rapporti sin troppo conviviali con esponenti del mondo della politica e dell’economia. Ma è anche vero che una realtà come quella sannita, a causa di una condizione di strutturale debolezza economica, vive in maniera ancora più drammatica che altrove gli effetti della devastante crisi economica in atto, con inevitabili conseguenze sulle residue capacità di sopravvivenza delle quasi morenti realtà editoriali.
Tutto ciò restringe i già limitati spazi di libertà dei giornalisti, che sempre più spesso devono emigrare o dedicarsi ad altre attività per sopravvivere, se non addirittura accantonare definitivamente un sogno a lungo coltivato. Ovviamente, in queste condizioni l’arroganza e la “pressione” di chi esercita in qualche modo un potere finisce per aumentare a dismisura, con ricatti e minacce più o meno velate.
L’immagine del comandante di Polizia Municipale di Benevento che chiede al giornalista di esibire il tesserino professionale per poterlo fotocopiare richiama alla mente un caso molto più grave accaduto alcuni anni fa a Napoli, quando il comandante dei vigili urbani partenopei, Luigi Sementa, schiaffeggiò il collaboratore della trasmissione televisiva Le Iene, Alessandro Migliaccio, e, per certi versi, non è molto dissimile dall’invettiva lanciata in Consiglio comunale dal sindaco di Sant’Agata dei Goti, Carmine Valentino, contro Giancristiano Desiderio per il sol fatto che il giornalista avesse chiesto di far luce sull’interramento di rifiuti da parte della camorra nelle ex cave di tufo.
Ma la vicenda Ristorò, d’altro canto, è anche sintomatica delle difficoltà che incontrano i pochi giornalisti che a Benevento, pur con cautela e circospezione, si sforzano di conservare la propria dignità professionale e, soprattutto, di mantenere la schiena dritta.
Un mese fa, come denunciato dall’associazione Altrabenevento, un avvocato della Ristorò inviò a diversi giornalisti ed editori “una richiesta di immediata cancellazione di tutti i comunicati pubblicati sulla questione mensa”, minacciando azioni legali. Un invito che in verità non ha sortito grossi effetti ma che, in ogni caso, ha indotto persino i giornalisti ed editori più coraggiosi ad una maggiore cautela. Non tutti, ovviamente, hanno la possibilità di avvalersi eventualmente degli uffici legali della Rcs o, quanto meno, un amico che ti assista gratuitamente limitando il costo alle sole spese processuali (che non sono poca cosa!).
Del resto, le richieste di risarcimento danni o le querele per diffamazione a mezzo stampa hanno fatto registrare negli ultimi anni una preoccupante impennata e, come ha spesso denunciato Ossigeno per l’informazione, sono divenute una subdola forma di intimidazione per costringere i giornalisti al silenzio al pari delle minacce e degli attentati intimitadori.
Da tempo, ad esempio, viene invocata l’introduzione nel nostro ordinamento di una penale a chi pretestuosamente, strumentalmente e con falsi presupposti, presenta una querela per diffamazione o una citazione per danni contro un giornalista. L’iter di riforma è attualmente bloccato in Parlamento e, secondo molti esperti, il testo che dovrebbe essere approvato è contraddittorio e molto lacunoso. E come potrebbe essere altrimenti, visto che i maggiori utilizzatori di questo subdolo strumento di pressione sui giornalisti sono proprio i politici?
Fortunatamente, però, iniziano a notarsi piccoli segnali di cambiamento e qualche giudice civilista (nel codice di procedura penale non è purtroppo previsto) inizia a condannare chi intenta una lite temeraria. Ma è ancora poca cosa.
Nel frattempo gli spazi per esercitare la libertà di stampa si restringono sempre più, a Benevento come nel resto del Paese, mentre aumenta l’arroganza di chi esercita o detiene un potere.