Se l’istinto giustizialista ce l’hai dentro, come dentro hai il sangue, difficilmente te ne liberi in un giorno o in una notte e, probabilmente, non te ne libererai mai. Tutt’al più lo spirto che entro ti rugge lo potrai mettere a dormire, ma una belva che dorme rimane una belva ed è lì accovacciata ma sempre pronta a far ballare i Lupi. Il presidente del Pd, l’Orfini – il giovane turco giunto al servizio di Renzi -, si è sentito rimescolare il sangue quando gli hanno detto del “caso Lupi” e ha proferito un participio velenoso: “Inquietante”. Ma chi inquieta di più: Lupi o Orfini che dice che Lupi è inquietante?
Al primo stormir di fronde, il richiamo della foresta giustizialista diventa irresistibile. L’errore di Lupi è già diventato un reato. Il ministro, che se si deve dimettere è perché ha sbagliato politicamente ma non penalmente, non è coinvolto nel “Sistema” – l’inchiesta della Procura di Firenze che ha spedito in galera suoi collaboratori e amici d’impresa – ma per la sinistra alla sinistra del Pd che sconfina nello stesso Pd la presunzione di innocenza è una variabile dipendente: se riguarda uno del Pd vale, se riguarda un altro non vale più. Il silenzio assordante di Renzi si spiega proprio così: nel suo partito la via giudiziaria alla politica è ancora in servizio. L’attesa del capo del governo per un “gesto spontaneo” di Lupi è figlia di questa inattesa debolezza che improvvisamente rivela un Renzi esposto ai fremiti giustizialisti del Pd.
Lupi deve aver paura degli agnelli. Il Pd è pieno zeppo di agnelli che in nome del bene fanno il male. E’ pieno zeppo di professorini e professoresse che con il sorrisino saccente ti spiegano perché in nome delle regole lo devi prendere in quel posto ma quando i ruoli si invertono sono altrettanto bravi, scambiando il proprio culo per il bene del paese, a spiegarti che le regole si devono cambiare. Quando è stato sollevato il caso dei Lupi, padre e lupacchiotto, Giovanardi che ha la memoria lunga quanto il naso di Pinocchio ha detto: “Lupi e il figlio? E allora Renzi e il padre?”. Ora pare che Renzi non attenda più un “gesto spontaneo” del suo ministro che lavora alle “grandi opere”.
Se Lupi è ancora nella tana è perché è stato difeso dal suo partito ma non certo dal suo governo. E’ un fatto. Se Lupi, per stare alla saggezza di Talleyrand, ha commesso un errore per certi versi peggiore di un crimine, Renzi, che ha fatto della velocità una risorsa, questa volta è rimasto indietro e proprio sul suo terreno si è fatto cogliere impreparato. Inquietante, per dirla con Orfini. E la linea è stata data non dal capo del governo ma dal presidente del Pd che ha lasciato nel mezzo, tra Lupi e agnelli, proprio il giovane Renzi che ora sta subendo tanto i fremiti giustizialisti del suo partito quanto l’attacco del partito del ministro degli Interni. Il richiamo della foresta è per Renzi pericoloso, eppure in queste ore proprio lui ha cercato di liberarsi del suo ministro delle Infrastrutture con una classica manovra giustizialista. In questa foresta, però, ha tutto da perdere perché ci sono agnelli che sono molto più bravi di lui nell’azzannare come Dio comanda.