di Antonio Medici
Non nutro simpatia per ciò che viene arbitrariamente definito vino naturale. Questo aggettivo è usato per una precisa scelta di marketing volta a ritagliare un mercato a vini prodotti secondo protocolli, procedure e tecniche autonomamente definiti da ciascun produttore. Sarebbe, dunque, meglio definirli vini anarchici ma si sa che sul mercato l’anarchia non vende mentre il richiamo bucolico e ideologico del “naturale” penetra agevolmente in vistose fasce di consumatori, in genere provvisti di portafogli più pasciuti di quelli degli anarchici. Ciò che infastidisce, in verità, non è il mondo del vino naturale in sé ma il fideismo di alcuni produttori e molti consumatori di questi vini che, prescindendo da valutazioni specifiche, pretendono di attribuire un aura di superiorità all’intera produzione marchiata “naturale” a prescindere dal fatto che si tratti di prodotti ottimi, buoni, mediocri, marcescenti, acescenti, malefici, letali.
A noi piacciono i vini buoni che non sempre sono i vini tecnicamente perfetti secondo i più noti e diffusi schemi di valutazione. Irene Bignardi, giornalista e critica cinematografica de “la Repubblica”, era solita usare a proposito di certi film americani una definizione irritante ma illuminante: ben confezionato. Era un modo per riconoscere il merito tecnico al regista, agli attori, a tutti coloro che avevano concorso alla realizzazione di quel film ma altresì per avvertire lo spettatore di non aspettarsi nulla più che due ore di bei fiocchetti. Ecco, cerchiamo nel vino come nei film, piuttosto che belle confezioni, qualcosa capace di catturarci, di astrarci dalle tristezze quotidiane, di coinvolgerci, di arricchirci, di sedurci, di incantarci. Perché ciò avvenga il vino deve piacere agli occhi, al naso ed alla bocca. Quando è necessario usare la ragione per giustificare con valutazioni di ordine ideale o ideologico quello che di brutto gli occhi ci annunciano, il naso ci denuncia e la bocca ci conferma vuol dire che siamo caduti nell’inferno della fede, abbandonando il paradiso dei sensi che invece, almeno a tavola, è alla nostra portata.
Anna Mertens viene dall’altro capo del mondo e produce vini sublimi che non hanno bisogno di aggettivi, denominazioni, prose sciorinate in etichetta; “per sapere qualcosa del vino bisogna parlare con il produttore faccia a faccia o assaggiare i vini insieme piuttosto che leggere l’etichetta” ci dice questa straordinaria enologa australiana, giunta in Sicilia nel 2007 dopo una lunga esperienza in Toscana alla corte dell’Ornellaia. Da vigne secolari di nerello mascalese abbarbicate a quasi mille metri di altitudine sulla tanto nera quanto fertile terra dell’Etna, la Mertens produce qualche migliaia di bottiglie di “Vino Rosso”. Per spiegarne la grandiosità potremmo ribattezzarlo Pinot Noir di Sicilia ma sarebbe comunque un affronto, il “Vino di Anna” ha una grandiosità assoluta che non va relativizzata. Rubino tenue eppur vivace, accattivante nei riflessi color terracotta come a voler spiegare l’utilizzo dei “qvevri”, le anfore geogiane da duemila litri in cui le uve, diraspate a mano, vengono fatte fermentare ed il mosto fatto maturare. Uve fantastiche, evidentemente maneggiate con grazia, trasferiscono al vino delicati odori, prima dolci di ciliegie e amarene e poi più terrosi di radici come zenzero, rabarbaro. Anche la inevitabile mineralità etnea si scopre con garbo un attimo prima che carezzevoli tannini aggiustino la morbidezza pronunciata e dichiarino l’equilibrio assoluto di questo vino.
Ogni caratteristica del colore e dell’aromaticità olfattiva e gustativa si presenta con finezza e contribuisce a definire un universo di grande complessità, persistenza e piacevolezza, accentuata da piccole note amarascate finali. Un bicchiere di vulcano gentile che lascia senza fiato per la sorpresa dell’incanto.
Abbiamo discusso al telefono con Anna, rimanendo stupiti dalla dolce cortesia e dalla grazia di tono con la quale ella illustra la sua grande esperienza vinicola e la complessa lavorazione delle sue uve. Vien da dire che il Vino Rosso di Anna è davvero l’espressione liquida della produttrice e della terra che l’ha ammaliata.
Vino di Anna
Frazione Solicchiata, Via Crasa, 1
Castiglione di Sicilia (CT)
Vino Rosso € 28,00