di Billy Nuzzolillo
In genere, persino quando seguo le partite di calcio dilettantistico, preferisco la prospettiva centrale, che offre una visione d’assieme indubbiamente migliore sotto il profilo della tattica.
Ieri, per la seconda volta quest’anno, ho invece assistito alla partita Benevento-Melfi dalla curva Sud perché ho preferito la partecipazione emotiva alla visione prospettica. E così ho avuto la fortuna di vivere la più importante vittoria di questa stagione nella pancia del tifo sannita e, indubbiamente, resterà uno dei più bei ricordi ma vissuti nello stadio di Santa Colomba.
La mancanza di prospettiva mi ha indotto a soffermarmi più sul particolare e ho notato in vari episodi la straordinaria (e persino sorprendente) carica agonistica dei giocatori del Melfi. Così come è stato quanto meno anomalo, del resto, il silenzio stampa dei tesserati del Melfi nel post-gara.
Credo che di qui al termine bisognerà abituarsi a questo tipo di atteggiamento da parte degli avversari nei confronti del Benevento anche perché negli avversari spesso scatterà l’orgoglio di voler battere la prima della classe, o quantomeno non perdere.
La particolare “carica” mostrata in campo (e al termine dell’incontro) da parte della compagine lucana non è certamente piaciuta a mister Brini, che ho spesso paragonato all’Ottavio Bianchi del primo scudetto del Napoli per la sua saggia compostezza nel gestire l’ambiente, e dalle sue insolite esternazioni polemiche ne è nato un dibattito che in queste ore sta infuocando i social network.
Personalmente avrei evitato di esternare alcuni timori, ma comprendo lo stato d’animo del tecnico di Porto Sant’Elpidio dopo lo scoppio del caso Lotito-Iodice.
Il problema, infatti, è che da quella registrazione, al pari delle registrazioni dei colloqui sulla Sanitopoli sannita effettuate furbescamente da Pisapia, emerge uno spaccato d’Italia che purtroppo finisce per alimentare ulteriormente la cultura del sospetto.
Brini, pur nella sua apparente freddezza, è penetrato bene nell’ambiente sannita, ha colto bene la rabbia e impotenza che attanagliano la città dopo che alcune inchieste hanno certificato la fondatezza dei sospetti nutriti dopo le promozioni in B “rocambolescamente” sfuggite per mano del Crotone e del Gallipoli.
E sa bene che, in base alla logica dei numeri a cui fa riferimento Claudio Lolito nella famigerata registrazione telefonica, una città piccola come Benevento è certamente perdente rispetto ad una realtà come Salerno, che tra l’altro negli ultimi decenni ha accresciuto il suo peso nel contesto regionale anche grazie a una meritevole e lungimirante politica di trasformazione urbana. Di qui, probabilmente, l’insolita esternazione, fatta tra l’altro nell’immediatezza di una gara con un finale pieno di adrenalina.
D’altro canto, però, bisogna anche considerare che la famigerata registrazione potrebbe trasformarsi in un pericoloso boomerang proprio per Lolito e la Salernitana, vista l’attenzione mediatica riservata al caso.
Detto ciò, credo che a questo punto del campionato occorra mettere alle spalle l’incontro con il Melfi e proseguire con lo stesso spirito messo in campo in questi mesi.
La partita di Salerno è solo una delle tante che dovremo affrontare di qui al termine del campionato. Probabilmente la più difficile perché di fronte troveremo la squadra più forte dell’intera Lega Pro assieme al Benevento e il dato è testimoniato dai numeri. Ma non sarà quella decisiva, né c’è bisogno di caricarla di ulteriori stimoli.
Lo stesso discorso vale per i giornalisti e le tifoserie, anche perché un ulteriore surriscaldamento del clima potrebbe privare la partitissima dell’Arechi della presenza dei tifosi sanniti. E questa sarebbe una sconfitta per lo sport e per quanti si sforzano, a Salerno come a Benevento, di difendere una passione che rischia di essere travolta dalla deriva violenta e affaristica che sta progressivamente allontanando gli sportivi dagli stadi italiani.