Un tempo si criticava il disinteresse dei ministri e dei dirigenti per la scuola. Oggi si spera che ministri e dirigenti lascino un po’ in pace la scuola. In fondo, la scuola la fanno pur sempre i professori e non le vane riforme di legislatori impreparati. Ma, forse, si è ben oltre la linea d’ombra. Il lavoro del più bravo dei professori è vanificato dal sistema scolastico che ormai è concepito come una catena di montaggio o uno stabilimento di pollicoltura. Come dall’allevamento dei tacchini non ci si attende il canto del cigno ma il cenone di Natale, così dal “corpo docente” non ci si attende l’autorevolezza del libero insegnamento ma una volenterosa collaborazione alla sua estinzione.
Qualche giorno fa in molte scuole è andata in scena la lunga notte del liceo classico. Il nome non poteva essere più giusto. Il liceo classico è l’istituzione italiana culturale ed educativa più famosa. Ma la sua notte, ormai, è senza alba. Il motivo della sua crisi non è il calo delle iscrizioni ma il sistema che lo governa. La “formula liceale” è stata allargata a tutte le scuole con il risultato che la moneta cattiva ha finito con lo scacciare la moneta buona. Se tutte le scuole sono licei, allora, il vero liceo non ha più senso di esistere. Le scuole, sollecitate dal ministero, si danno da fare per svecchiare il liceo classico e – come si dice – metterlo al passo con i tempi, ma nessuno si avvede – nessuno vuol vedere – che la classicità del liceo più antico contrasta con la forzata modernità di massa. Si crede che cambiando il liceo si avranno più iscritti, ma non saranno le iscrizioni a far vivere il liceo classico che, invece, potrebbe essere salvaguardato proprio da un più basso numero di iscritti motivati da una scelta consapevole. Ma nessuno intende tutelare questa scelta. Così il declino del liceo classico è inevitabile e a decretarne la morte sono i suoi stessi salvatori.
Non si è mai parlato così tanto di scuola come nel nostro tempo. Ma per sapere ciò di cui si parla non basta parlar tanto. Non sarebbe male ricordare ogni tanto che l’insegnamento è un’arte liberale. Il che significa che è un’attività non venale, cioè è un’attività il cui vero compenso non è economico – e infatti i professori prendono pochi euro – ma morale perché è caratterizzato dalla libertà di rapporto che la contraddistingue. L’insegnamento in quanto espressione di libertà non ha prezzo. E’ letteralmente impagabile. Nel nostro tempo ciò che è venuto meno, purtroppo, è proprio questa qualità senza la quale la scuola è privata del suo pane e cade in un cortocircuito in cui il rapporto libero tra l’insegnante e i giovani è regolato dalla legislazione scolastica che essendo per sua natura fuori luogo è sempre più spesso impugnata dagli alunni e dalle famiglie contro i professori che a loro volta per non essere sopraffatti devono ricorrere a leggi e tribunali. La scuola è al suo fondo vita donata ai giovani ma in un sistema statizzato il rapporto è viziato dalla legge che, essendo un elemento extra-scolastico, inquina e snatura il dono. L’arte liberale si è rovesciata in arte illiberale. Purtroppo, i primi responsabili di questo manicomio legalizzato – l’unico rimasto aperto – sono proprio i professori che non hanno mai tutelato la loro libertà e l’hanno concepita come un impiego e addirittura trasformata in un impegno a “tempo pieno”. Così il lavoro dell’insegnante è sempre meno autorevole perché diventando il banale prolungamento della legislazione scolastica ha svalutato se stesso e la fonte della sua autorevolezza: la libertà degli studi. La scuola ormai non è più fatta dagli insegnanti ma dai burocrati, dai dirigenti e dai tecnici, dai collegi, dai consigli, dalle “offerte formative”. I professori sono dei meri esecutori della didattica programmata che deve produrre competenze e abilità che si misurano in voti che generano nelle famiglie la ricercata illusione che i propri figli siano competenti e meritevoli di considerazione sociale e occupazione lavorativa. La scuola diventa così un corso per sviluppare abilità. Il suo destino è segnato. La lunga notte del liceo classico è solo l’anticipazione di quanto accadrà alla scuola intera che, rivelando di esser superflua, potrà essere sostituita da corsi, video, teleconferenze e televendite.
Premetto che ho fatto il liceo classico, ma non so se tornando indietro rifarei la stessa scelta. Punto primo perché checché si dica è una scuola imposta dall’alto, da genitori fanatici della cultura classica come erano i miei, altolocati e vagamente fascisti nel modo di pensare la realtà. Incuranti, peraltro della sofferenza scolastica di molti di noi figli tutti al liceo classico, quando alcuni avrebbero potuto fare il liceo scientifico e, nel caso della sottoscritta, dato che ogni anno andavo in Inghilterra per studiare inglee, (ma a questo loro genitori non facevano caso….) il liceo linguistico! Grazie al liceo classico agli albori del terzo anno ho dovuto abbandonare in blocco sport e pianoforte. Col risultato che non solo ingrassai con una botta di sette chili perché continuavo a mangiare come prima (e a sedici/diciassette anni essere chiamata c….na dai compagni non è una cosa che si metabolizza tanto facilmente), ma neanche avevo tutti questi risultati soddisfacenti, perché il professore di liceo classico è più stronzo delle altre scuole proprio perché sta al liceo classico, e quindi si sente autorizzato a metterti i voti segreti (perché quello più alto della classe deve andare al figlio di….)per abbassare la media a chi gli pare a lui…..so solo che in memoria saltarono fuori voti misteriosi (altro che la trasparenza dei voti obbligatoria di oggi!) per abbassare la media a chi di dovere per salvare il c…o del figlio di X. Ah sì perché non ci scordiamo che il liceo classico è la scuola preferita dai figli di papà……lasciamo perdere! Non è giusto imporre una scuola ai figli per fanaticheria personale, e schifare le altre scuole….
Il vero problema è che la scuola in genere non è più da tempo un luogo di apprendimento, ma di contenimento sociale, più simile ad una clinica che deve “curare” tutti i mali del mondo, da quelli sociali a quelli genetici. In questo panorama il liceo classico era l’ultimo baluardo che difendeva dall’omologazione al basso chi aveva voglia e capacità. In questa folle corsa verso un egualitarismo cretino, in cui si premia la “carenza” e non la “riuscita”, il liceo classico deve sparire.