L’aria che tira nel mio paese è pesante e vorrei contribuire ad alleggerirla e svelenirla. Le parole tra noi leggere cadono – dice il poeta – e tutta questa storia, seria e buffa ad un tempo, ruota intorno alle parole e alla parola. Non c’è nulla di più leggero e di più pesante al mondo. La parola – sia quella del Signore, sia quella dell’uomo – è la nostra vita civile. Non abbiate paura, parlate. Una comunità che accetta di non parlare si condanna all’umiliazione.
La voce del padrone sembra essere diventata la voce unica della sinistra di Sant’Agata dei Goti. Le cose accadute nel consiglio comunale di domenica sera sono significative per un motivo preciso: non sono il frutto del caso ma la manifestazione di una volontà studiata a tavolino. Il sindaco – che nel passato recente e remoto ho perfino difeso valorizzandone il ruolo nella storia politica di Sant’Agata dei Goti – nell’esercizio delle sue funzioni, in consiglio comunale, ha insultato e offeso me stesso ossia non una persona presente – che già sarebbe indecente – ma assente. Inoltre, in un suo momentaneo cedimento all’onnipotenza, mi ha indicato ai consiglieri come un pericoloso poveraccio da controllare e isolare. Una triste dichiarazione d’intenti che non mi sfiora nella persona e nel lavoro ma è inaccettabile sul piano politico, istituzionale, sociale. Tutto, poi, è avvenuto senza che fosse garantito a nessuno, nemmeno all’opposizione, il diritto alla parola.
Questo il fatto. Ora due notizie.
La prima: il sindaco leggeva. Come mostra un video che conservo e che sanniopress.it magari pubblicherà nei prossimi giorni, il sindaco ha insultato e offeso leggendo un testo scritto. Le offese e i proponimenti di isolare e additare agli altri come pericolo pubblico un giornalista che fa solo il suo lavoro non sono stati un improvviso e passionale moto dell’animo, bensì il risultato di uno studio a mente fredda. Insomma, tutto è stato architettato. Ci troviamo di fronte a un fatto che nella storia politica e civile di Sant’Agata dei Goti non ha precedenti.
La seconda notizia: non tutti erano d’accordo. Infatti, il sindaco ha riunito i suoi per averli tutti con sé: tutti per uno e uno per tutti. Invece, qualcuno ha espresso dissenso e ha invitato il sindaco a non procedere. Anche all’interno della maggioranza, dunque, c’è chi sa che il discorso del sindaco è inaccettabile. Il dissenso, però, non è stato espresso pubblicamente. Perché? Delle due l’una: o tutti condividono le offensive parole del sindaco – e non è così – o tutti restano in silenzio per altri motivi. Quali? Forse, si tace per disciplina oppure per convenienza oppure per altro ancora. In certi casi, però, bisogna avere un po’ di coraggio perché in gioco non c’è solo l’offesa di una persona che si conosce da sempre ma lo stesso diritto di parlare e di dissentire. Un diritto che, come si può vedere, a me non è tolto, mentre alla maggioranza comunale e alla sinistra santagatese sì. Le offese del sindaco non offendono me ma la sinistra che da questa storia è umiliata. Il risultato delle offese del sindaco è il silenzio assordante della sinistra.
Oggi a Sant’Agata dei Goti la sinistra non ha voce. E’ muta. La sinistra santagatese è diventata la sinistra di don Abbondio del quale il Manzoni diceva: “Il coraggio, uno, se non ce l’ha, mica se lo può dare”. A Sant’Agata dei Goti la sinistra ha una sua lunga storia. La si può condividere o meno ma non si può dire che sia stata una storia inutile. Oggi lo è. Alla storia della sinistra santagatese si possono muovere tante critiche e riconoscere tanti difetti, ma un valore le va senz’altro attribuito: l’autonomia intellettuale. Oggi la sinistra è intellettualmente dipendente dal sindaco. Prende ordini. La sua volontà politica è inesistente. Il silenzio pubblico è la copertura delle convenienze, le parole private l’espressione dell’indecenza. La sinistra di don Abbondio, che non è in grado di difendere la libertà di parola e il dissenso, si sta prendendo la grave responsabilità di mortificare la vita civile santagatese. I casi simili ai miei, purtroppo, non mancano. Il mio è semplicemente visibile.
Voglio sperare, senza illudermi, che qualcuno rinsavisca e trovi il coraggio di chiedere scusa. Non a me ma al consiglio comunale di Sant’Agata dei Goti che per quanto sia un sepolcro imbiancato è pur sempre un consesso civile. Al momento sono io che chiedo scusa ai lettori e ai santagatesi per averli fin troppo disturbati con la mia persona, ma non lo avrei fatto se non avessi ravvisato in questa storia i tratti di una battaglia civile in cui il valore da difendere è la libertà di parola. Voglio anche ringraziarli perché, come tanti altri, mi hanno espresso amicizia e vicinanza con una stretta di mano, una telefonata, un messaggio, un sorriso.