A Sant’Agata dei Goti per trent’anni sono stati sotterrati rifiuti industriali. Ora si scava e la verità, denunciata dai santagatesi e inascoltata dalle istituzioni, ritorna in superficie. Con cronache e articoli pubblicati sul blog sanniopress.it ho invitato le forze politiche a discutere pubblicamente di questa brutta storia per raccontarla senza cercare comodi capri espiatori perché solo con il racconto civile dell’accaduto si potrà capire ed evitare che la storiaccia si ripeta. Risultato: sono stato insultato, offeso, calunniato e additato come pericolo pubblico. Da chi? Dal sindaco del Pd, geometra Carmine Valentino. Dove? In consiglio comunale.
Nelle verdi campagne santagatesi, Palmentata e Presta, che si attraversano provenendo da Caserta, gli scavi e i sondaggi della forestale e dell’Arpac hanno portato alla luce un po’ di tutto: scarti edili, amianto, fusti tossici di 100 e 200 litri. Sui fusti si legge: Genklene. Si tratta di tricloroetano che è sostanza molto tossica, nociva per ambiente e salute, usata nelle industrie per colle, inchiostri e ddt. Purtroppo, è solo la punta di un iceberg destinato a restare insondabile. In quelle campagne vi erano delle cave enormi: profonde più di ottanta metri e larghe come due campi sportivi. Il direttore dell’Arpac di Benevento, Pietro Mainolfi, domenica in un convegno ha espresso il suo stupore e ha osservato: “Il lavoro di ricerca a Sant’Agata dei Goti sarà continuato. Faremo un lavoro certosino. Però, dovevamo esserci un attimo prima, e mi riferisco a tutti, perché non è possibile gestire quei volumi di rifiuti senza che nessuno se ne accorga. Per arrivare in quei posti bisogna attraversare addirittura frazioni del comune del comune. Sto dicendo che non poteva essere nascosto quanto accadeva”. Infatti, non è stato mai un mistero. Ben diciassette anni fa, il camorrista Carmine Schiavone rivelava alla Commissione parlamentare d’inchiesta che anche nel Beneventano si interravano rifiuti industriali tossici. Tuttavia, diciassette anni fa nulla si mosse e i velenosi interramenti continuarono. Nel tempo si sono accumulate documentazioni del via vai notturno e diurno di camion carichi di prelibatezze. Ci sono intercettazioni ambientali, fotografie, arresti. Per anni i santagatesi hanno ripetuto la peggiore delle verità: quella inascoltata. Lo Stato, pur conoscendo i fatti, era assente. Oggi che la verità riemerge dalla terra, il sindaco chiede ai santagatesi, che fanno la figura dei cornuti e dei mazziati, di parlare. Ma chi deve parlare e ricostruire con decenza la brutta storia sono le istituzioni, a cominciare dal Comune che non è mai stato estraneo alla gestione delle cave usate come discariche.
Accade, invece, che il consiglio comunale taccia. Mentre nel Sannio si parla del caso di Sant’Agata dei Goti, proprio qui, a Sant’Agata dei Goti non si parla di Sant’Agata dei Goti. E in consiglio comunale è vietato discutere dell’argomento mentre io, solo un giornalista, che ho semplicemente detto di discutere sono insultato, offeso, oltraggiato proprio in consiglio comunale dal sindaco con definizioni del tipo “personaggio da operetta, personaggio in cerca d’autore” che “ha avuto un poco di notorietà e ora è tornato nell’ombra e soffre, soffre” e così “come Sansone con tutti i filistei, ma lui non è Sansone, non esita a buttare a mare tutta l’amministrazione…”. Così, con tali sciocchezze, un caso tremendamente serio diventa proprio un’operetta.
Non ha detto invece amenità don Maurizio Patriciello quando, qualche giorno fa, è stato proprio a Sant’Agata dei Goti per parlare del dramma della Terra dei fuochi che, purtroppo – ha sottolineato con amarezza – “riguarda anche le vostre terre”. Ad ascoltarlo c’erano quattro gatti: io e gli alunni del locale liceo. Non c’era il sindaco. Non c’era il vicesindaco. Né un assessore, neanche un consigliere comunale. Tutti assenti. La presenza di don Patriciello, che in un primo momento avrebbe dovuto parlare proprio a scuola, è stata considerata addirittura “inopportuna” perché ogni discussione pubblica del problema dei rifiuti industriali interrati danneggia l’immagine del paese. Questa pretestuosa e provinciale motivazione è alla base dell’assordante silenzio politico che c’è sulla vicenda. Il Pd, che qui amministra da molti anni, si è limitato ad affiggere un manifesto con uno slogan: “La verità fino in fondo”. Poi zero. Ma la verità fino in fondo è che il manovratore non deve essere disturbato e ogni tipo di discussione e dissenso deve essere schiacciato da una comunicazione di veline e slogan. Chi si oppone si imbatte in un muro di gomma. La stessa logica comunicativa che è stata usata nel consiglio comunale in cui il cronista è stato insultato, offeso, segnalato come persona sgradita. Così quando un consigliere dell’opposizione, Giovanna Razzano, ha provato a replicare al sindaco è stata zittita “perché sulle comunicazioni del sindaco non si parla”. Proprio così: vietato parlare, vietato contraddire il sindaco. Io continuerò a parlare.
tratto dal Corriere del Mezzogiorno del 3 dicembre 2014
E fai bene e sai che da me avrai sempre una sedia ad accoglierti.
Caro Giancristiano,” la verità è sempre rivoluzionaria ” perciò pur essendo tu notoriamente un moderato, quando la proclami assumi, tuo malgrado, le vesti di un rivoluzionario. Ti esprimo perciò tutta la mia solidarietà per aver parlato, senza peli sulla lingua, dei rifiuti seppelliti a Sant’Agata.