Io parlo. Non sono un martire, né aspiro ad esserlo, né voglio farlo. Sono solo un cronista. Il sindaco di Sant’Agata dei Goti, però, mi sta trasformando in un piccolo eroe civile, a futura memoria s’intende (già mi scappa da ridere). In una uggiosa domenica sera, in consiglio comunale, invece di criticare legittimamente le critiche che ha ricevuto – solo critiche, nessuna offesa -, non ha trovato niente di meglio da fare che insultarmi, offendermi, segnalarmi. Mi ha definito – scelgo fior da fiore – personaggio da operetta, personaggio in cerca d’autore, uno che ha chiesto piaceri di qua e di là. Le offese non mi offendono non perché non siano offensive ma perché non mi sfiorano. “Lo stile è l’uomo” diceva Buffon. A ognuno il suo.
C’è, però, una curiosità. L’ha notata subito Billy Nuzzolillo – il fondatore di Sanniopress, questo lavoro di critica e libertà che è il più antico giornale online del Sannio – che ha riportato le parole che proprio il sindaco mi dedicò lo scorso mese di settembre per il riconoscimento del Premio Acqui: “Un riconoscimento importante che conferma le grandi doti di Desiderio, nostro concittadino, eccellente giornalista e scrittore sempre più affermato e apprezzato dal grande pubblico”. Delle due l’una: o sono un personaggio da operetta o sono un eccellente e bla bla bla. Quale delle due versioni è vera: quella del sindaco 1 o quella del sindaco 2? A rischio di riformare il principio di non contraddizione posso sostenere che sono vere entrambe. Perché il sindaco 1 ha detto ciò che pensava e il sindaco 2 ha pensato (calcolato) ciò che ha detto. Preferisco la volgare sincerità alla retorica ipocrisia.
Tuttavia, il caso personale non conta se non come esempio. Al di là di un salutare amor proprio, non do molta importanza alla mia persona, mentre il sindaco dà grande importanza alla sua e tutta questa commediola strapaesana – che però ha in sé un dramma civile serio: l’interramento di rifiuti industriali – nasce dal fatto che il sindaco non vuole essere contraddetto e criticato. Siccome l’ho contraddetto e criticato, ecco che non sono più un eccellente bla bla bla ma uno che va insultato in consiglio comunale, offeso, additato al pubblico disprezzo per essere isolato e schiacciato.
Il problema – ripeto: al di là della mia persona – ha in sé qualcosa di serio che vale la pena mettere a fuoco. Al sindaco piace a tal punto il consenso dello scendiletto che ha in sommo odio il dissenso dell’uomo eretto. Non gradisce le critiche e vuole solo consenso. Sennonché, democrazia e vita civile si basano proprio sul dissenso. Il consiglio comunale di domenica è stato disegnato seconda la strategia del consenso dello scendiletto. All’ordine del giorno non c’era nessuna traccia del delicato caso dei rifiuti industriali interrati con le istituzioni girate dall’altra parte, mentre il sindaco attraverso lo strumento delle “comunicazioni” ha rilasciato alcune vaghe dichiarazioni di circostanza e poi è passato dalle offese personali. Tutto organizzato affinché nessuno potesse replicare. Chi ha provato a farlo è stato bruscamente zittito. Dunque, mentre nel Sannio si parla di Sant’Agata dei Goti, a Sant’Agata dei Goti non si parla di Sant’Agata dei Goti. Ad oggi non si conosce la posizione di un partito – dico uno! – sulla storia dei rifiuti industriali. Zero. Silenzio. Vietato discutere. Soprattutto non si discute con libertà in consiglio comunale dove, al contrario, si insulta un cronista che ha fatto soltanto il suo lavoro di cronista e continuerà a farlo secondo responsabilità e coscienza.
La vita politica di Sant’Agata dei Goti vive un’epoca di regressione infantile. La presidenza del consiglio comunale si adegua alla volontà del sindaco mentre il suo ruolo di garanzia impone che affermi una discreta autonomia istituzionale. Spero che vi siano forze politiche o individualità morali capaci di porre il problema con la lucidità e la dignità del caso. La trasformazione del consenso dello scendiletto in strategia di controllo delle istituzioni e in macchinetta del fango per l’offesa personale degrada la vita civile santagatese. La prima conseguenza è la finzione. La seconda è la paura di parlare. La terza è la morte civile. Io parlo.