Non so se avete mai visto Il maestro di Vigevano, il film di Elio Petri tratto dal romanzo omonimo di Lucio Mastronardi. Il direttore della scuola apre l’anno scolastico sempre alla stessa maniera: appare in cima allo scalone e con voce impostata ed enfasi retorica pronuncia il motto latino: “Quieta non movere et mota quietare”. Grosso modo significa questo: “Non agitare ciò che è calmo, ma piuttosto calma ciò che è agitato”. Il motto è perfetto per essere stampato all’ingresso della sala consiliare di Sant’Agata dei Goti. Non perché ci sia qualcosa di agitato da calmare ma, all’inverso, perché nessuno vuole agitare ciò che è calmo, calmissimo, praticamente una salma.
Il motto è stato adottato dal Pd locale che sulla seria vicenda dell’interramento dei rifiuti industriali nelle verdi campagne santagatesi tra Palmentata e Presta è stato capace di scrivere solo un banale slogan domenicale: “La verità fino in fondo. Per il bene di ognuno. Nell’interesse di tutti”. E a dare la linea al Pd, che qui è sempre allineato e coperto, è il sindaco che con il direttore della scuola di Vigevano ha in comune il motto e la retorica. Perché qui, in fondo – proprio come la verità fino in fondo – non è il Pd che sostiene il sindaco ma è il sindaco che sostiene il Pd. Tutti allineati, come tanti scolaretti. Grembiule, fiocco e colletto. E in fila per due.
Sembra incredibile, ma nella brutta storia della sepoltura dei rifiuti tossici, il veleno più potente non è il tungsteno ma il silenzio della politica e del consiglio comunale. Sembra incredibile, ma in questa brutta storia il denominatore comune è proprio il Comune che era assente o distratto ieri ed è assente o distratto oggi. Sembra incredibile, ma il consiglio comunale che è previsto per il pomeriggio di domenica 30 novembre non ha all’ordine del giorno l’argomento serio e terribile dell’interramento illegale dei rifiuti industriali. Sembra incredibile, ma non lo è. Perché la verità storica – l’unica possibile – di questa storia normale e anormale, ordinaria e straordinaria, non verrà mai né dal Comune né da ogni altra parte pubblica, sia essa Stato, tribunale o altare. Verrà alla luce solo se la sapremo scrivere noi insieme nell’unico modo possibile: discutendo civilmente.
Dal Comune e da ciò che resta degli avanzi della politica non mi aspettavo nulla di diverso. In fondo – proprio come dice per scherzare e prendere in giro il Pd: la verità fino in fondo – tutto il copione era già scritto quando proprio il sindaco, con accorato appello come se fosse stato in cima allo scalone della scuola di Vigevano, disse ai santagatesi: “Chi sa parli”. Come a dire: noi non abbiamo nulla da dire. Noi non parliamo. Non discutiamo. Noi non agitiamo ciò che è calmo. Così nessuno ha mai avvertito il bisogno, che sarebbe stato semplicemente decente, di convocare il consiglio comunale in seduta straordinaria per discutere, capire e risvegliare un minimo di libertà civile e dire ai santagatesi, vittime e carnefici, che oggi – oggi – il Comune c’è. Ma a che serve un consiglio comunale che non discute, con calma e senza falsa agitazione si capisce, del veleno che giace sottoterra nella nostra terra? A che serve un consiglio comunale che si comporta come uno struzzo? A che serve un consiglio comunale che rifiuta per partiti presi di confrontarsi con la storia della propria comunità? A niente, non serve a niente perché qui, in un paese qualunque del meridione, un paese che si dà arie di arte e cultura, la vita civile è quella che precede le istituzioni e non quella che segue le istituzioni. Ciò che segue le istituzioni è solo retorica e finzione, scena e messa in scena. E’ doloroso dirlo, ma è – come dicono i cervelli che invece di discutere e governare scrivono slogan – la verità fino in fondo.