Che cosa ne sarà ora dell’immagine di Sant’Agata dei Goti? Francamente, me ne frego. Ritengo, anzi, che preoccuparsi dell’immagine del paese – che per altro non si sa effettivamente cosa sia se non una volgarissima e vaga opinione – piuttosto che della realtà delle cose, sia non solo puro provincialismo ma anche la vera radice del male. Non bisogna preoccuparsi di cosa il mondo pensa di Sant’Agata dei Goti ma, al contrario, cosa Sant’Agata dei Goti pensa del mondo. Il vero male di Sant’Agata dei Goti è paradossalmente Sant’Agata dei Goti ossia la retorica con la quale il borgo più bello d’Italia è pensato e governato. L’immagine santagatese – il bel borgo, la storia, la bandiera arancione, il cinema, persino la bella avventura di Bill de Blasio – è un velo che nasconde la realtà dei fatti in cui nei momenti decisivi si fanno scelte in cui Sant’Agata dei Goti è danneggiata, oltraggiata, messa sotto i piedi. L’immagine è salva, la realtà è dannata. Perché salvare l’immagine non costa nulla, mentre salvare la realtà costa fatica e sacrifici.
Le ruspe scavano nelle campagne di Palmentata e Presta dove non c’è più neanche un cane che abbai. I veleni che si estraggono non sono una novità ma una conferma. Tutti sapevano ieri. Tutti sanno oggi. L’indifferenza c’era ieri. L’indifferenza c’è oggi. L’unica differenza è nella notizia che i mezzi di informazione diffondono creando così l’immagine di un’altra Sant’Agata dei Goti che va ad affiancarsi o ad opporsi o sovrapporsi all’immagine della Sant’Agata dei Goti bella, storica, patinata, cinematografica, italoamericana. E’ il destino dell’immagine, basta un niente ed è danneggiata, oscurata, perché è effimera, inconsistente, inesistente. Peggio: finta. La retorica sembra inoffensiva. Invece, è pericolosa. Persino assassina. Di retorica si può morire.
Sant’Agata dei Goti è un paese scavato nel tufo. Chi l’ha costruita nei secoli l’ha fatto estraendo il tufo dalla roccia tufacea sulla quale sorge: sotto le case antiche c’è un’altra Sant’Agata dei Goti che non si mostra. Sono caverne, cantine, scantinati, sottoscala, rifugi, bassi. Solo chi è sceso per queste scale ripide, oscure e umide ha illuminato Sant’Agata dei Goti. In quei sotterranei della storia e delle vite bisogna scendere se si vuole conoscere la storia vera di questo paese che è sempre recitata ma mai conosciuta. Gesù, fate luce. Ma non serve conoscere la storia – ciò che realmente si è – se tutto ciò che serve è solo l’immagine.
Sant’Agata dei Goti dovrebbe liberarsi della sua immagine e considerare con serietà la sua storia. La logica perversa di ieri è oggi ancora in atto. Ieri si voleva il silenzio. Oggi si vuole il giudizio. Ieri si diceva ai santagatesi di tacere. Oggi si dice loro di parlare. Ma perché? Le istituzioni, purtroppo, non sono estranee al disastro dei sotterranei santagatesi. Anzi, ne sono parte in causa. Persino la magistratura e i pubblici ministeri con il dito puntato sapevano. Ma nessuno lo mosse, il dito. Oggi si chiede ai santagatesi di collaborare, fornire notizie e fare nomi e cognomi. Ma non ci vuole l’eroe civile per avere notizie certe e responsabili diretti. Per questo basta il catasto. Oggi, come ieri, servirebbero istituzioni dignitose. Non è più tempo di set cinematografici e “ritorno di immagine”. E’ tempo di scendere nei sotterranei della storia e raccontarsi senza paura e senza speranza le cose come stanno.
I sotterranei di Sant’Agata dei Goti oggi non sono a via Roma, sotto le case e le chiese, ma nella terra fredda e nella terra negra delle sue campagne che sono state prima scavate per decine e decine di metri fino a creare lisce e inviolabili pareti tufacee e distese di terreni grandi due, tre quattro stadi e poi riempite come una gola che ha ingoiato tutto chiudendo nel suo ventre il bene e il male mentre in superficie fioriva l’albicocca e cantava il melograno. Quelle cave gigantesche, che chi ha venti e trent’anni non ha mai visto, erano crateri senza fuoco: profonde e larghe come il ponte sul Martorano, lunghe come il Martorano. Con lo scarico dei rifiuti furono visitate da strade di topi grandi come zoccole. I sotterranei santagatesi nascondono una cattiva coscienza che tutti avevano rimosso. Ma la rimozione non è una soppressione. Ogni anima ha la sua fogna. La cosa rimossa continua a vivere in un altro luogo. Anche sottoterra. Proprio come i morti.